L'asse Parigi-Berlino, tra fatiche di Ercole e celebrazioni storiche
Dopo 50 anni dall'incontro tra Adenauer e De Gaulle, primo atto della
fine delle storiche rivalità tra nazioni europee, i vertici politici dei due
paesi guida dell'Europa, Francia e Germania, sono tornati ad incontrarsi per
celebrare un evento storico ma anche per rafforzare un
asse ben saldo durante l'epoca Sarkozy e leggermente sbiaditosi dopo la
conquista dell'Eliseo da parte di Hollande.
Un incontro con pochi risvolti pratici, ma estremamente importante sotto
il profilo simbolico. A Reims Angela Merkel è tornata a sottolineare
l'importanza di una maggiore unione politica tra i paesi, in
particolare, dell'Eurozona. Questo, secondo la Cancelliera, deve
essere il presupposto indispensabile per l'unione del debito, tasto dolente che
riguarda la tenuta di una moneta, l'euro, in forte difficoltà da ormai troppo
tempo. Ancora una risposta negativa, quindi, da parte della Germania ai famosi
Eurobond, oggi al centro del dibattito politico. Occorre un'unione politica
forte prima della condivisione del debito.
Ma di cosa ha realmente bisogno questa Europa, in enorme difficoltà nel
trovare una linea politica ed intenti condivisi per superare una crisi comune,
anche se differentemente ripartita tra gli stati? Cercare l'unione politica,
che è effettivamente una "fatica da Ercole" - come dice la Merkel -, oppure
stabilizzare prima l'unione economica, partendo dal fatto che la moneta unica è
in circolo ormai da dieci anni? O puntare su entrambe le cose contemporaneamente?
Appare indubbio, ormai, che l'unica strada percorribile per portare a
termine il progetto Europeo sia "un'unione fiscale con una concezione
federalista dell'Europa", come afferma Salvatore Cantale, l'economista e
docente all'Imd di Losanna, altrimenti l'Europa rimarrà in un limbo, simbolo di
debolezza ed incompletezza, cui potrebbe essere preferibile un ritorno alle
complete sovranità nazionali con proprie valute. L'unione fiscale, dunque,
porta con sé la condivisione del debito, lo scudo anti-spread e la
trasformazione della Costituzione della Bce che la renda garante della moneta
unica e dell'economia comune e permetta all'Unione di avere un controllo reale
sulla valuta. "Il problema dell'Eurozona – afferma l'ex ministro
italiano Renato Brunetta – è l'architettura imperfetta nella costruzione della
moneta unica".
Ma la Germania,
per ora, non ci sta. Nonostante il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble
ammetta, in un intervista pubblicata ieri su Repubblica, che
il problema esiste e che tutti, Germania compresa, soffrono la crisi di
fiducia dei mercati finanziari, la linea tedesca rimane quella di non mischiare
troppo le carte dei debiti sovrani. Questo, almeno fino al momento in cui non
vi sia la garanzia che questo non indebolisca troppo e metta a rischio la forte
economia nazionale, la cui crescita del Pil nel 2013 è stimata dal Fmi del
+1,5%. Per questo, le parole della Cancelliera davanti al Presidente francese
suonano più come un rinvio delle misure auspicate dai paesi in difficoltà
piuttosto che un sincero monito a trovare una linea politica comune che possa
rendere più forte l'unione monetaria. Fino a quando, però, la Germania potrà
posticipare un passo forse necessario se si vuole salvare l'Unione Europea?
Appare veramente difficile, infatti, immaginare un futuro roseo per un Europa
incapace di dare solidarietà ai paesi membri in difficoltà. Fermo restando,
ovviamente, la necessità di forti garanzie per gli stati trainanti. Di tutto questo se ne sta discutendo alla riunione dell'Eurogruppo dove, al momento in cui scriviamo, sembra prevalere il senso di responsabilità di tutti i componenti europei, Germania compresa.
Giuseppe De Lorenzo
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