Circoncisione della discordia
Non si tratta di prepuzi o di qualche esotico precetto
dell’Islam o dell’ebraismo. Si tratta di qualcosa di ben più grande, e
che riguarda tutta la società: la religione considerata nel suo
complesso. Per quanto riguarda la circoncisione, la Germania si doterà
di una tutela giuridica, verosimilmente grazie a una nuova legge. Il
che è un bene. In realtà, però, la questione ha radici ben più
profonde, che affondano in un grande imbarazzo che confina quasi con il
panico nei confronti della religiosità vissuta in modo intenso,
manifesto, accetto. E questo non è un bene. [...]
Il fatto che la questione riguardi sia gli ebrei che i musulmani ha
invece alterato la confortevole logica dei due campi. Ci si è accorti
quindi che il problema non si riduce all’avere una fede specifica,
particolare, intransigente, contraria alla società moderna. No, il
motivo di attrito va ricercato nel solo fatto di credere,
nell’esperienza della fede in generale.
La vera trappola, adesso, sarebbe quella di non affrontare la
situazione con serenità, ma in maniera meschina e paurosa. Il
cristianesimo, religione della maggioranza e della tradizione tedesca,
non è al riparo dall’intransigenza rispetto all’Islam arrivato in
Germania con gli immigrati. Il dibattito politico-religioso è iniziato
in Germania nel 1995 con la sentenza della Corte costituzionale sui
crocifissi: l’affissione del simbolo – fino a quel momento normale
sulle pareti delle classi delle scuole bavaresi – è stata vietata. In
seguito è stata la volta del dibattito sul velo delle insegnanti
musulmane. Oggi dilaga il dibattito sulla circoncisione, innescato da
una sentenza che considera questa un’intollerabile lesione corporale.
In tutti e tre i casi ricordati sospetto e diffidenza la fanno da
padroni. Invece di vedere nella croce un segno rappresentativo di una
ricca tradizione, i giudici costituzionali vi hanno visto uno strumento
di evangelizzazione e di propaganda che esercita un’influenza
spirituale sugli studenti di altri confessioni. Quanto al velo, per i
suoi detrattori non sarebbe l’espressione di una decisione individuale,
bensì il simbolo politico di un’ideologia liberticida. [...]
Croce, velo e
circoncisione sono in verità espressioni di una coscienza collettiva,
che si disinteressa della religione che li ha voluti, quando non è del
tutto ignorante in materia. [...]
Occorre però tener debito conto anche della dignità umana dei
fedeli. Ciò che una società poco incline alla religione dimentica
facilmente è la sofferenza inflitta alla libertà di religione. Il prete
cattolico che per mantenere il segreto del confessionale impedisse
l’arresto di un criminale o lo scolaro musulmano che si batte con la
direzione del suo istituto scolastico per avere il diritto di pregare,
agli occhi degli interessati sono altrettanti casi di coscienza che
colpiscono nell’intimo. Una società civile ha il dovere di dar prova di
magnanimità, di grandezza d’animo.
È proprio questo ciò a cui hanno diritto i credenti tedeschi, a
prescindere dalla loro confessione religiosa. Nessuno è obbligato a
credere o ad avere un’idea positiva della religione. Quando si pensa
alle devastazioni provocate dal fanatismo nel corso dei secoli e ancora
oggi, si comprende facilmente come lo scetticismo nei confronti della
religione non faccia che aumentare. Nondimeno, è nell’interesse di
tutti rispettare ciò che alcuni reputano sacro, perché tutti quanti
hanno le loro intime convinzioni e una coscienza meritevole di rispetto. (Tratto da presseurope.eu, traduzione di Anna Bissanti)
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