La guerra in Ucraina e noi


La guerra, in Ucraina, c’è da sempre. Non è iniziata il 24 febbraio scorso. L’invasione ordinata da Putin è solo l’ultima di una lunga serie di azioni russe contro il popolo ucraino. Per capire le ragioni di una guerra ci può aiutare solo la storia politica. Il biennio 1989-1991 è il periodo da cui partire. Il 9 novembre 1989 viene giù il Muro di Berlino e il 26 dicembre 1991 si dissolve l’Unione Sovietica. Finisce la Guerra Fredda e inizia una fase storica che è stata oggetto di numerose interpretazioni ma che sembrava, e sottolineo sembrava, potesse essere caratterizzata dall’unipolarità, dalla presenza di un’unica grande potenza mondiale: gli Stati Uniti d’America.
Dopo il 1989-1991, biennio che fu segnato anche dalla riunificazione della Germania nel 1990, la transizione politico-istituzionale dal regime comunista alla democrazia degli Stati del Patto di Varsavia e delle repubbliche ex-sovietiche fu complessa e diversificata. Restando alle repubbliche ex sovietiche, che sono quelle che ci interessano per comprendere la crisi in Ucraina, queste erano:Le Repubblica baltiche: Estonia, Lettonia e Lituania;
Le Repubbliche Transcaucasiche: Armenia, Azerbaigian, Georgia;
Le Repubbliche dell’Asia Centrale: Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan;
Le Repubbliche occidentali: Bielorussia, Moldavia e Ucraina.
Tra queste, di gran lunga la più estesa di tutte era la Repubblica del Kazhan (Kazakistan, quasi 3 milioni di metri quadrati), seguita, dall’Ucraina (quasi 600 mila metri quadrati), che tuttavia era la più popolata.
Di queste 13 repubbliche, dopo la fine dell’Unione Sovietica, non aderirono alla Comunità di Stati indipendenti (CSI) l’Estonia, la Lettonia e la Lituania, mentre la Georgia dichiarò la propria indipendenza nel 2003. L’Ucraina, formalmente indipendente dal 1994 con una limitata associazione con la Russia, ebbe un rapporto estremamente conflittuale con essa con governi indipendentisti e filorussi che si sono alternati nel corso degli anni. Georgia e Ucraina sono così diventate una campo di battaglia politico tra l’aspirazione di questi popoli ad autodeterminarsi e il proposito russo di mantenere il controllo su queste regioni.
Nel caso dell’Ucraina la questione è particolarmente intricata perché non si possono negare i fortissimi legami con la storia russa. La Rus’ di Kiev, una monarchia medievale degli Slavi orientali nata nel IX secolo e che comprendeva, più o meno, gli attuali territori di Ucraina, Russia occidentale, Bielorussia, Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia orientale, è considerata l’origine della Russia. Ad essa si è richiamato lo stesso Putin in un suo famoso articolo tradotto recentemente in italiano e pubblicato su Domani (in inglese qui). 
Nonostante questa indubbia radice comune, è un errore pensare all’Ucraina come a un’area geografica russa e russofona perché la storia del legame russo con gli ucraini è segnata, soprattutto nel Novecento, da repressione e sterminio dei russi nei confronti degli ucraini. Dopo la rivoluzione russa del 1917, fino al 1922, in Ucraina ci fu una guerra civile con entità statali differenti: La Repubblica Nazionale dell’Ucraina Occidentale nei territorio austroungarico, la Repubblica Popolare Ucraina  nell’area dell’Impero russo e la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina con capitale Charkov. La Repubblica popolare ucraina, con capitale Kiev, fu riconosciuta dal Reich tedesco, imponendone il riconoscimento anche ai bolscevichi nel celebre trattato di Brest-Litovsk. 
Anne Applebaum ha scritto un libro sulle repressioni subite dagli ucraini negli anni Trenta del Novecento, conseguentemente alle richieste di indipendenza del 1917. La Grande Carestia di Anne Applebaum non è soltanto la storia della carestia che colpì l’Ucraina nel 1932 ma anche della tremenda oppressione della cultura ucraina da parte dei russi:
Nell’autunno del 1932… il Politburo sovietico… assunse una serie di decisioni che diffusero ulteriormente e aggravarono la carestia nelle campagne ucraine, impedendo nello stesso tempo ai contadini di lasciare la Repubblica in cerca di cibo…fra il 1931 e il 1934 morirono di fame in tutta l’Unione Sovietica almeno 5 milioni di persone, di cui oltre 3,9 in Ucraina…Ma la carestia fu solo metà della storia. Mentre in campagna i contadini morivano, la polizia segreta sovietica partiva all’attacco delle élite politiche e intellettuali ucraine… Chiunque avesse avuto rapporti con l’effimera Repubblica popolare ucraina, durata qualche mese a partire dal giugno 1917, chiunque avesse promosso la lingua o la storia ucraine, chiunque avesse condotto una carriera letteraria o artistica indipendente, era passibile di essere pubblicamente calunniato, incarcerato, mandato in un campo di lavoro o giustiziato. Non riuscendo più a sopportare quello scempio, nel 1933 Mykola Skrypnyk, uno dei dirigenti più noti del Partito comunista ucraino, si suicidò. Non fu il solo. (Anne Applebaum. La grande carestia. La guerra di Stalin all’Ucraina, Mondadori 2019”)
Dopo la fine dell’Unione Sovietica, il popolo ucraino si è richiamato alla sua storia, alla sua lingua e a una cultura nazionale autonoma. La rivoluzione del 2014 non ha fatto altro che acuire la contrapposizione con la Federazione russa e la storica egemonia di quest’ultima sul territorio ucraino. Del resto, gran parte delle popolazioni che vivono nelle regioni sud-orientali sono russofone: in particolare la Crimea (già annessa forzatamente dalla Russia nel 2014, a cui è seguito un referendum di adesione) e le regioni indipendentiste di Doneck e Luhans’k (nella più ampia area del Donbass) che sin dalla crisi di Crimea del 2014 sono controllare da forze militari e paramilitari filo-russe. 
L’Ucraina si trova così in mezzo tra una storia a metà tra le influenze austroungariche e russo-bolsceviche, tra Europa dell’Est e Oriente. La geografia aiuta fino a un certo punto. Un confine naturale tra le due aree dell’Ucraina potrebbe essere il fiume Dnipro, a ovest del quale ci sarebbe l’Ucraina europea e a Est del fiume l’anima russa dell’Ucraina. La capitale Kiev, sulle rive del Dnipro, si trova nel mezzo. Parag Khanna, in I tre Imperi (Fazi Editore 2009), ha scritto che 
Questo potrebbe essere un remoto angolo d’Europa, ma è l’epicentro della lotta contro la Russia… L’Ucraina è un paese in cui il gioco diplomatico è condotto giorno e notte da politici, generali, attivisti, businesspeople. La posta in gioco è alta: si tratta nientemeno che mettere le briglie alla Russia e di espandere verso est l’impero europeo. I contadini ucraini, divisi per secoli fra padroni russi e tedeschi, ricevettero ironicamente un’identità nazionale in seguito al patto nazisovietico del 1939; sotto il gioco sovietico, però. Per gli ucraini il nome della loro nazione significa ‘patria’; per i russi, ‘terra di confine’. Oggi l’Ucraina è davvero entrambe le cose.
Sospesa tra Oriente e Occidente, tra il legame ancestrale e conflittuale con la Russia e il desiderio di aderire al mercato e alle libertà dell’Europa, l’Ucraina, che poteva essere un ponte tra i due mondi, ne è diventato la linea di conflitto, il campo di battaglia nel quale Russia e Stati Uniti hanno cercato di influenzare le scelte politiche dei numerosi governi che si sono susseguiti negli ultimi vent’anni. 

L’elefante nella stanza: la Nato
Dalla fine dell’Unione Sovietica ad oggi, la North Atlantic Treaty Organization, meglio nota come NATO, ha visto crescere i suoi membri da 16 a 30. Ad essa hanno aderito, nel corso degli anni, molti degli Stati che facevano parte del Patto di Varsavia ed anche alcune delle Repubblica ex Sovietiche. Nel 1999 aderiscono Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria, nel 2004 Slovacchia, Romania, Bulgaria e Slovenia nonché le repubbliche ex-sovietiche Lituania, Lettonia e Estonia, nel 2009 Albania e Croazia, nel 2017 il Montenegro, nel 2019 la Macedonia del Nord. A queste adesioni bisogna aggiungere le richieste che furono fatte da Georgia, nel frattempo divenuta indipendente, e, appunto, Ucraina. Un punto di svolta storico è il 2008. La dichiarazione finale del summit Nato di Bucarest approvava le richieste dei governi di Ucraina e Georgia di avviare il percorso dei Piani d’Azione di Adesione (MAP). In realtà, però, il processo di adesione di Ucraina e Georgia è stato congelato.
In ogni caso, alla richiesta delle due repubbliche ex-sovietiche ha subito reagito la Russia che ha occupato nel 2008 l’Ossezia del Sud in Georgia e successivamente ha cercato di condizionare i processi politici interni all’Ucraina fino ad arrivare, successivamente, all’occupazione ed annessione della Crimea e al controllo indiretto di una parte dell’Ucraina orientale.
È chiaro che la Russia di Putin, da un certo punto in poi, ha visto nell’allargamento della NATO ad Est una minaccia, sebbene per tutti gli anni Novanta e i primi anni Duemila le adesioni di numerosi paesi dell’Europa dell’Est non erano viste con preoccupazione. Russia e  Stati Uniti firmarono, nel 1997, l'Atto istitutivo sulle relazioni reciproche per la cooperazione e la sicurezza. L'allargamento della NATO era richiesto da molti degli Stati dell'ex Patto di Varsavia. In realtà, la NATO, in mancanza di un accordo complessivo dopo la fine della Guerra Fredda, ha colmato un vuoto politico. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica tutti questi Paesi hanno visto nella NATO e nell’Unione Europea la possibilità non solo di vedere realizzate le proprie legittime aspirazioni all'autodeterminazione ma anche la possibilità di ottenere sicurezza militare e benessere economico. Le libertà politiche e civili, il libero mercato, il consumismo e tutto ciò che nell’immaginario collettivo veniva associato all’Occidente hanno rappresentato un’attrazione fortissima per dei popoli che 
fino ad alloranon avevano mai conosciuto alcun forma di democrazia e libertà. Piaccia o meno, giusto o sbagliato che sia, la forza di attrazione della società occidentale è stata di gran lunga superiore al modello russo, a cui si legavano repressione, oppressione ed egemonia politica e culturale. 
Non si dimentichi, inoltre, che il 5 dicembre del 1994, a Budapest, fu sottoscritto un memorandum da parte di Ucraina, Russia, Stati Uniti e Regno Unito sulle garanzie di sicurezza. Con quest’accordo, l’Ucraina accettava di smaltire la scorta di armi nucleari ereditate dalla fine dell’Unione Sovietica, che furono appunto inviate in Russia, in cambio dell’indipendenza e dell’integrità territoriale.

La versione di Putin
Nel 2007 Vladimir Putin tenne un famoso discorso alla conferenza della sicurezza che annualmente si svolge a Monaco di Baviera, in Germania: 
Io penso che sia chiaro che l’espansione della Nato non abbia alcuna relazione con la modernizzazione dell'Alleanza stessa o con la garanzia di sicurezza in Europa. Al contrario, rappresenta una seria provocazione che riduce il livello della reciproca fiducia. E noi abbiamo diritto di chiedere: contro chi è intesa questa espansione? E cosa è successo alle assicurazioni dei nostri partner occidentali fatte dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia? Dove sono oggi quelle dichiarazioni? Nessuno nemmeno le ricorda (Vladimir Putin)
Putin si richiama a dichiarazioni e promesse verbali - anche se nel suo discorso cita soltanto quella del Segretario Generale Nato Woerner, a Bruxelles, del 17 maggio 1990, quindi prima della caduta dell’Unione Sovietica - di rassicurazione su un limitato allargamento della NATO che non sono state mantenute. Da qui la necessità della Russia di voler riconsegnare alla Russia territori che “apparterrebbero”, di diritto, alla nazione russa. In una famosa e agiografica intervista del regista americano Oliver Stone a Putin, il Presidente russo ha ricordato di voler ridare una nazione ai tanti russi che dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica si sono trovati stranieri in patria nei nuovi stati creati dalle ex repubbliche sovietiche. Da qui dunque l’occupazione di una parte della Georgia, della Crimea ed ora dell’Ucraina. L’obiettivo massimo di Putin è evidentemente di controllare l’intero territorio ucraino e di far instaurare un governo filo-russo, come in Bielorussia. Putin non solo si richiama all’Impero zarista, ma rivendica per la Russia un nuovo ruolo internazionale, di neo-impero, che dagli anni Novanta in poi la Russia ha però perso. 
Non si può escludere che Putin possa effettivamente raggiungere il suo obiettivo. La disparità di forze militari con l’Ucraina è abissale. Sebbene la resistenza ucraina sia tenace e sostenuta dalle armi di molti dei paesi della NATO, il confronto resta impari. Tuttavia, non si può escludere, così come sembra dalle prime trattative tra le delegazioni ucraine e russe, che l’Ucraina possa anche essere divisa. La Russia rivendica a sé certamente la Crimea (a dimostrazione che l’annessione e il referendum del 2014 non hanno chiuso la partita così come Putin ha sempre sostenuto) e soprattutto pretende la neutralità dell’Ucraina. Proprio su quest’ultimo punto il governo ucraino non sembra voler cedere tanto da aver rinnovato la volontà di entrare nell’UE. La divisione dell’Ucraina non può dunque essere scartata a priori dal ventaglio delle opzioni. Resterebbe naturalmente il problema della capitale Kiev. 
Il vero rischio di una qualche concessione che verrebbe data alla Russia di Putin è dato dal fatto che a quel punto non si può escludere che il Presidente russo potrebbe non fermarsi all’Ucraina. L’obiettivo successivo sarebbe certamente la piccola Moldavia.

Le conseguenze
L’invasione russa dell’Ucraina ha avuto conseguenze enormi sull’equilibrio e l’ordine internazionali. 
  1. La prima fra tutte è rappresentata dal cambio di posizione della Germania. Se inizialmente Berlino intendeva svolgere un ruolo di mediazione, dopo l'invasione russa la Germania ha preso chiaramente le distanze dalla Russia - fatto di per sé non scontato - per avviare un programma di investimenti per la difesa militare mai visto nella storia della Repubblica Federale tedesca
  2. Le sanzioni economiche e commerciali sono state inasprite anche se al momento non sembrano impedire a Putin di continuare la sua guerra. Un primo pacchetto di sanzioni fu già applicato dopo il 2014. La Russia sembra in qualche modo saper convivere con esse. Più che le sanzioni in sé, ciò che indebolisce Mosca è l’isolamento internazionale. Fino ad ora ha sorpreso la compattezza con cui i paesi europei e della NATO hanno reagito all’invasione. In particolare i paesi dell’Est, quelli del Patto di Varsavia e delle repubbliche ex-sovietiche hanno preso posizione a favore dell’Ucraina.
  3. L’Ucraina, con i suoi oltre quaranta milioni di abitanti e con una estensione geografica pari a poco più del doppio dell’Italia, è certamente un’area geografica strategica. Più che per la Russia, rispetto alla quale l'Ucraina è indubbiamente molto piccola (vedere carta geografia sopra) lo è per la NATO e, soprattutto, lo è per l’UE. In considerazione della sua storia recente, l’Ucraina è anche diventata un simbolo, l’epicentro della lotta di liberazione dall’oppressore russo, ma anche l’epicentro dell’ostilità russa nei confronti dei valori della democrazia e della libertà rappresentati da una eventuale adesione dell’Ucraina all’UE. Se l’Ucraina entrasse nell’UE diventerebbe un modello politico, sociale e culturlae per molte altre delle repubbliche ex sovietiche destabilizzando definitivamente l’influenza russa. Ed è questo il vero timore di Vladimir Putin.


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