Germania: quali garanzie per gli immigrati?
Alti posti in classifica per la
Germania del lavoro. I rigorosi studi della Società SHL, leader
mondiale nel campo della misura del talento, hanno confermato, senza troppa
sorpresa, una dignitosissima e rassicurante seconda posizione per la Germania.
Ma se nella classifica mondiale dei talenti imprenditoriali il piazzamento è ottimo, è
il rapporto “Frankfurter Integrations – und
Diversitätsmonitoring 2012” a permettere alla Germania di battere il record. Francoforte
pare essere la capitale tedesca dell’immigrazione: ben il 43% della
popolazione è composta da immigrati di prima o di seconda generazione. Prendendo in
considerazione soltanto i bambini sotto i sei anni, la percentuale di stranieri
arriva addirittura al 70% (Berlino si ferma al 59%, Amburgo al 43%). Fin dal
boom economico del secondo dopoguerra
potremmo dire che la produzione tedesca è dipesa in gran parte dagli immigrati,
molti dei quali, trovando fortuna, non sono più tornati nei Paesi di
provenienza, contribuendo a trasformare la Germania in uno Stato di
immigrazione controllata, prima persino agli USA, al Canada, all’Australia.
L’integrazione è, quindi, da sempre un tema caldo della politica tedesca e non
si può dire che Angela Merkel non sia intelligentemente intervenuta nel delicato
dibattito sociale (la “carta delle diversità”, riconosciuta dalla commissione UE come
strumento per promuovere l’equità, è stata lanciata nel dicembre 2006 proprio alla
presenza della Cancelliera Merkel da 4 grandi imprese: Daimler, Deutsche Bank,
Deutsche Telekom, Deutsche BP, sottoscritta a fine 2010 da circa 1000
organizzazioni che danno lavoro a oltre 4,8 milioni di persone). Ma nel
democratico “Paese dei balocchi”, portabandiera dei diritti dei lavoratori, ancora
di salvezza di un’Europa in crisi, detentore del primato dei conti in regola
(talmente in regola che il ministro del lavoro tedesco ha annunciato una
diminuzione delle tasse per dipendenti e imprese a partire dal 2013, che li
porterà a risparmiare circa 5,4 milioni l’anno), che garanzie hanno i circa 15
milioni di stranieri a lavoro? L’Ufficio federale di statistica parla,
per questi ultimi, del doppio delle probabilità di vivere in uno stato di
indigenze rispetto agli autoctoni. Ma questi dati forse non spaventano
abbastanza, né i “tedeschi doc” né gli “importati”.
Paola Damiano
Per approfondire consiglio la lettura di quest'articolo su L'Occidentale: La Germania 2.0 è un buon posto dove vivere e lavorare
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