Angela Merkel in difesa dell'Euro ... in attesa della sentenza sull'ESM


Angela Merkel alla consueta intervista estiva
alla prima rete tedesca ARD

Negli ultimi tempi per Angela Merkel camminare sul terreno della politica europea sta diventando sempre più complesso. Si alzano muri e critiche ad ogni passo, la soluzione alla crisi economica dell'eurozona tarda ad arrivare e si aprono nuovi fronti di scontro. La Cancelliera tedesca sembra pagare con un crescente isolamento il persistere della crisi e lo stallo in cui si trova l'Europa. La donna, secondo la rivista Forbes, più potente del mondo è costretta ogni giorno a rispondere su diversi fronti, impegnata senza sosta a tenere a bada anime in agitazione della propria maggioranza, contrattare con paesi europei e cercare di rassicurare i mercati.
Il Vecchio Continente è ancora ben incastrato nelle sabbie mobili di un'economia comunitaria che stenta a segnare dati positivi di crescita e la cui medicina da tempo appare indigesta, ma ora anche insufficiente. Chi ne fa le spese, inevitabilmente, è chi, agli occhi dell'opinione pubblica, ha somministrato la ricetta o se ne è fatto strenuo difensore. Basta guardare al caso greco che dal 2009 al 2011, nonostante le misure di austerità, non è riuscito a risolvere i suoi problemi e la recessione tocca i 20 punti percentuali. Serve, invece, un'austerità “morbida e graduale” – secondo il recente studio del Fmi “Austerità di successo in Usa, Europa e Giappone” - altrimenti essa può “prolungare le recessioni, senza generare gli attesi risparmi fiscali”.
Proprio su questo tema arrivano le maggiori critiche, interne ed esterne. Anche se esattamente contrarie. Grecia, Italia, Spagna premono affinché la Cancelliera ammorbidisca le sue posizioni ed apra ad una Europa più solidale, con la Bce potenziata quanto basta per permetterle di aiutare i paesi in difficoltà. Anche i partner del Nord, generalmente allineati con la Germania, cominciano a vedere necessario un alleggerimento della pressione sui “piigs”, perché “ non c'è bisogno – dice il ministro degli esteri finlandese Alexander Stubb – di un nuovo muro in Europa che divida il Nord dal Sud”. Sul fronte interno, invece, la Merkel deve fare i conti con le numerose dichiarazioni di esponenti della maggioranza e dell'opposizione, infastiditi dall'eccesso di denaro tedesco usato per salvare moneta unica e paesi sull'orlo del default. Dichiarazioni forti, che non possono passare del tutto inosservate. Inoltre ci sono le richieste di un referendum sull'Europa e le rassicurazioni riguardo un eventuale “Grexit” da parte di esponenti politici. “Atene può uscire dall'Euro senza far crollare l'euro”, hanno detto più volte i ministri tedeschi dell'economia Philipp Rosler e quello dei trasporti Peter Ramsauer, prospettiva considerata invece pericolosa dai paesi del sud. Per questo la Cancelliera è costretta a stare con un piede per parte, promettendo maggiore solidarietà ai partner europei e rassicurando i tedeschi che l'Esm e i vari fondi salva stati non saranno un portafoglio senza fondo da cui attingere a piacimento. Una posizione instabile che la rende meno forte di quanto non lo fosse all'inizio della crisi.
Anche dal mondo degli economisti sono sopraggiunti dubbi e perplessità riguardo la politica economica portata avanti dalla Cancelliera. Due economisti di Monaco, Hans-Werner Sinn e Friedrich Sell, hanno sostenuto che i salvataggi dell'euro sono una “partita di poker sui patrimoni da cui la Germania uscirà sconfitta”. Mentre a Maggio, uno dei membri del Consiglio economico del governo, Peter Bofinger, bacchettò la Merkel, invitandola a fermare la spirale recessiva causata dall'eccessiva austerità, suggerendo di ridare slancio all'economia. Il nodo della crescita, aspetto che sembra così lontano dall'essere conciliabile con il rigore, è uno dei punti di scontro con Monti e Hollande. Il premier italiano, infatti, pur affermando che il rigore è necessario, da tempo chiede all'Europa – e di conseguenza alla Merkel – uno sforzo per la crescita. Il capitolo Hollande, invece, è più complicato: dopo l'abbandono dell'Eliseo da parte di Sarkozy, i rapporti tra i due paesi sono cambiati: i bilaterali sono più radi e meno corposi, sgretolando l'immagine che voleva Francia e Germania come centri decisionali dell'Europa. Non c'è più, insomma, un partner del tutto allineato su cui confidare.
Da parte sua, Angela Merkel, è forte ancora del consenso ottenuto alle elezioni, ma al nuovo giudizio delle urne manca poco più di un anno e difficilmente la Cdu/Csu potrà riproporre un governo in coppia con liberali. Ci sarà un testa a testa con la Spd, di cui non si esclude la vittoria, ma che probabilmente porterà ad una Grande Coalizione. Inoltre, è ancora da sciogliere il nodo riguardante la decisione che prenderà la Corte Costituzionale Federale tedesca sul Esm. Sembra scontata una sentenza favorevole, ma anche un solo dubbio, vista la volatilità dei mercati, può essere decisivo. Una sentenza negativa, infatti, farebbe crollare tutto il sistema dei salvataggi e darebbe maggiore voce ai “falchi” tedeschi.
Insomma, la Cancelliera si trova ad avere parte del terreno che la circonda bruciato, e necessita di una nuova scelta di campo. Sostenere l'impalcatura Europea e l'Euro, costi quel che costi, lasciando perdere in parte le pressioni che provengono dall'interno, oppure mantenere la mano ferma contro Atene e i paesi deboli, rischiando anche il crollo dell'eurozona? A questa domanda pare aver risposto in questi giorni con lo slogan della sua nuova campagna: “Ich will Europa”. Basterà?
Giuseppe De Lorenzo

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