Arrivi in Germania: il "mistilinguismo" di un italiano in Germania
Vi propongo un divertente racconto di Pierpaolo Lala sulla sua prima esperienza in Germania: il suo viaggio (in treno) da Lecce a Saarbrücken per un soggiorno Erasmus. Tutto da leggere!
Le indicazioni che mi avevano dato erano semplici. Per la prima volta mi recavo in Germania, a Saarbrücken per la precisione. Un mese di ricerca tesi nel centro di italianistica più frequentato dai salentini. Ero in Germania, al confine con la Francia, e ovviamente non parlavo tedesco, francese e (a dirla tutta) anche il mio inglese era molto claudicante.
Arriva in stazione.
Vai alla pensilina di fronte all’uscita.
Prendi il 61 o il 69.
Direzione Università-Campus.
Sali.
Chiedi semplicemente un biglietto “Ein ticket”.
Paghi.
Ti siedi.
Dopo una quindicina di minuti arrivi al Campus.
Le indicazioni che mi avevano dato erano semplici. Per la prima volta mi recavo in Germania, a Saarbrücken per la precisione. Un mese di ricerca tesi nel centro di italianistica più frequentato dai salentini. Ero in Germania, al confine con la Francia, e ovviamente non parlavo tedesco, francese e (a dirla tutta) anche il mio inglese era molto claudicante.
Avevo solo un foglietto (che conservo ancora) con alcune frasi fatte da dire in caso di guerra atomica o di tentativo di rapina. E soprattutto quel prezioso pezzo di carta conteneva quelle poche indicazioni e frasi che mi avrebbero condotto al Campus dove l’irreprensibile professore svizzero/tedesco con la passione per la lingua italiana mi attendeva per torturarmi etimologicamente.
Dopo un viaggio lunghissimo (ovviamente in treno) arrivai alla stazione di Saarbrücken. Le indicazioni erano perfette.
Arrivo in stazione. OK
Pensilina di fronte all’uscita. OK
Arriva il 61. OK
Sul bus c’è scritto UNIV – CAMPUS. OK
Salgo (con fatica per i bagagli da trasloco permanente). OK
Guardo l’autista (che in Germania faceva anche i biglietti), sorrido, imposto la voce da tedesco e scandisco. GUTEN MORGEN. OK
Quello ha capito. OK
Io proseguo. EIN TICKET. OK è fatta!
L’autista mi guarda e mi chiede. UNI?
Io penso dentro di me, ha capito che sono italiano, anzi che la mia città è nei dintorni di Brindisi. Lo guardo, fiero del mistilinguismo, dell’esperanto che si stava creando tra di noi.
Sollevo l’indice della mano destra e fieramente ripeto. UNI, UNI!
Mi da il biglietto. io pago in euro, appena entrato in vigore.
L’autobus riparte in direzione Università – Campus…
Solo molti giorni dopo capii che quella domanda che l’autista mi poneva ogni volta “UNI?” era riferita alla direzione e non alla quantità. E quel giorno mi rivenne in mente la famosa scena di Totò e Peppino in Piazza Duomo a Milano…
(Tratto dalla rubrica Lala // Quotidiani. Tuttologia Tautologica su Coolclub)
Pierpaolo Lala
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