Un mistico coi piedi per terra

C'è un domenicano che piace a tutti e non mette d'accordo nessuno. È vissuto poco dopo Tommaso d'Aquino, in una terra tedesca profondamente religiosa e già quasi pronta alla rivolta – politica e di fede – contro Roma. Di lui si ama e si diffonde soprattutto l'afflato "mistico", che Schopenhauer trovava identico a quello del Buddha, con la differenza dell'«obbligo del rivestimento nel mito cristiano». Meister Eckhart è dunque amato da credenti e non credenti, da cristiani e da avversari del Cristianesimo, triturato nella congerie della mistica dove hanno uguale spazio i romanzi di Coelho e la sesta Enneade di Plotino, fatte le debite differenze sui proventi derivati agli autori. Tremate semplificatori, da diversi anni i filosofi stanno lavorando ai testi di Eckhart (von Hocheim?), nato vicino a Gotha, in Turingia, forse nel 1256. Giovane domenicano, come Tommaso va a studiare a Parigi, dove ancora come l'Aquinate tornerà eccezionalmente due volte in qualità di Magister, alternandosi in Germania come Priore provinciale dei Domenicani e direttore dello Studium degli stessi monaci. 

Per essere un mistico, dagli scarsi dati biografici ci viene proposta la figura di un uomo perfettamente inserito nella vita ecclesiale e politica del suo tempo, tanto da esser stato probabilmente coinvolto anche nel conflitto tra Ludovico il Bavaro e il Papato. Visse più di Tommaso, quindi fece in tempo a incorrere nelle invidie dei confratelli (Tommaso subì delle condanne, poi ritrattate, solo post mortem) e a essere denunciato come eretico. Fu condannato, ritrattò, le proposizioni condannate furono ridotte, morì in pace più che settantenne. Scrisse e predicò, sempre per dire del suo vivere nel mondo, sia in latino che in volgare, e non solo a scopo pedagogico. L'alto tedesco infatti, per noi di assai difficile edizione e traduzione, è l'idioma da lui preferito per proporre un'antropologia su forti basi filosofiche, forse anche come reazione a chi riteneva possibile la vera vita di fede solo a pochi intellettuali. Contro questo elitarismo, Eckhart parla la lingua di tutti e inventa un lessico filosofico. 
I suoi riferimenti sono soprattutto Aristotele, ancora accettato con sospetto nelle Università, e i suoi commentatori arabi, ma anche il confronto diretto con i contemporanei, per esempio con Teodorico di Freiburg, come ha messo in rilievo per primo Kurt Flasch. Un'accurata presentazione del filosofo Eckhart è nel libro di Alessandra Beccarisi, che segue con rigore il percorso di Eckhart, aggiorna sullo stato della ricerca, lavora con i riferimenti filologici di chi sui testi ha messo mano. Durante l'agile lettura si vorrebbero più riferimenti alle fonti e all'et-et di aristotelismo e platonismo che ancora è ignoto a molta manualistica, ma non avremmo più un'agile lettura. Interessante innanzitutto la continuità del pensiero del domenicano della Turingia, che fin dal primo documento in nostro possesso imposta l'antropologia che poi sarà anche delle opere mature (spiacenti: nessuna illuminazione, nessuna conversione al nulla, nessun viaggio al di là di Dio contro il Dio della Bibbia). La prolusione con cui Eckhart inizia il suo commento alle sentenze di Pietro Lombardo, una sorta di esame finale per diventare professore, tratta già di un'umiltà che è soprattutto conoscere se stessi; di una povertà che non è non possedere nulla, ma non riconoscersi nulla, per essere pronti a essere riempiti dalla Grazia. Come ricorderà avanti negli anni: «Ero solito dire presso l'università che solo conoscendo se stessi, si può comprendere l'universo». Nei Discorsi in volgare tenuti ai confratelli, Eckhart poi riprende: attraverso l'obbedienza l'uomo esce dal proprio (attenzione: non da sé, «dal proprio») e «nello stesso momento Dio deve rientrare, perché se questo uomo in se stesso non vuole nulla, Dio deve volere per lui nell'identico modo che in se stesso». Se io non voglio nulla per me, allora Dio vuole per me, perché entrambi siamo come alla pari, sottoposti a una medesima legge. E questo non mi toglie libertà, anzi me la dona, perché mi libera dalle cose, dal «proprio» e mi rende indipendente (ledic, ovvero solutus). Da qui l'inconsistenza delle rappresentazioni di Dio come un signore feudale al quale porgere tributi, da qui un nuovo uomo («uomo», non solo monaco), che trova in sé la vita divina e quindi diventa norma a se stesso, senza necessità di riferimenti esteriori. Nel Commento alla Sapienza Eckhart arriverà a dire che la vita divina è presente costituzionalmente nell'uomo, per natura divino: a causa del peccato originale, che filosoficamente è l'attaccamento all'esteriorità e alla determinazione, tale natura divina è nascosta all'uomo stesso. Un'«immagine» che è condivisione della sua natura, grazie all'intelletto che è, aristotelicamente, indeterminatezza e apertura totale all'essere, ma anche immagine di Dio che partecipa delle sue perfezioni. Dio è, ma non come è il creato, né come l'essere subsistens di Tommaso: dal punto di vista delle creature è l'essere intellettuale che riflette su se stesso (Aristotele, il platonico Libro delle cause, Proclo), dal punto di vista di Dio non è certo «hoc et hoc», un essere determinato. È piuttosto inclinazione all'essere delle creature e assenza del «loro» essere, è, dice Beccarisi con un neologismo «è-alità». In Dio non ci può essere lo stesso essere delle creature, ma solo il principio dell'essere, una intentio all'essere. Da qui l'uso delle parole di Eckhart in favore di una mistica generica e spesso atea (se Dio non è…), da qui le condanne (alcune), da qui la leggenda di un Eckhart ispirato predicatore e fondatore della "mistica renana" (ente storicamente ancora misterioso), padre spirituale delle Beghine, ispiratore del movimento ereticale dei Fratelli del Libero Spirito. Troppi attributi di fantasia per un domenicano professore universitario, studioso dei filosofi antichi e moderni, predicatore per tutti e non solo per mistici eletti, soprattutto filosofo con i piedi per terra, tanto da saper tenere testa a ogni tipo di autorità terrena. (Tratto da Domenica/Il Sole 24 ore)
Maria Bettetini

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