Speciale Consiglio Europeo/2: Berlino non dice tutto sulla sovranità nazionale


Vi propongo un bel commento di Paolo Lepri, corrispondente da Berlino del Corriere della Sera, 19 ottobre 2012
Più «ingerenza» o più democrazia? In ogni caso, è impensabile aumentare la prima senza consolidare la seconda. Angela Merkel sembra averlo dimenticato. Forse perché parlava sia a François Hollande che agli elettori tedeschi.
Verrà presto o tardi il momento di decidere, e l'affondo della cancelliera sulla necessità di attribuire, nella commissione di Bruxelles, un potere di veto sui bilanci dei singoli Paesi ha avuto se non altro il merito di mettere l'Europa di fronte ad alcune scelte. Secondo la Germania non si tratta più di correggere i compiti a casa. Bisognerà anche scriverli, per passare ai responsabili una traccia da seguire senza che vengano commessi gli errori del passato.

Il dubbio, se le cose stanno così, è che questa non sia la strada per avere «più Europa», ma soltanto un modo per costruire il futuro sulla base del rigore, certo necessario, ma non sufficiente. E i governi, e, soprattutto, i Parlamenti? Quella europea non è solo una crisi prodotta da politiche economiche non virtuose, che hanno dato fiato alle speculazioni dei mercati. E' il prodotto, oltre che di tanti sbagli, di un'assenza di prospettive che va colmata rafforzando la legittimità delle istituzioni che guidano il progetto. Ma anche valorizzando il ruolo degli organi elettivi nazionali nella piena condivisione di quanto resta ancora valido (ed è tanto) di quel progetto. Paradossalmente, la cessione di sovranità, da alcuni tanto invocata, da altri molto temuta, rischia di essere percepita in questo caso come un nuovo tipo di accentramento delle responsabilità e della competenze. Con la Germania, tanto per cambiare, a tenere i fili delle marionette.
Nell'attuale dibattito europeo si sta creando il pericolo di un intreccio difficile da dipanare proprio tra la cessione e la limitazione della sovranità nazionale. E i tedeschi lo sanno bene, perché fanno i conti da sempre con il giudizio della Corte Costituzionale, attenta a misurare la compatibilità tra la Legge Fondamentale e gli ulteriori sviluppi del cammino di integrazione. Delle proposte non conta soltanto la sostanza, ma il momento in cui vengono presentate. Non è ingeneroso rilevare che l'intervento di Angela Merkel in Parlamento ha avuto anche lo scopo di cercare di orientare una discussione che in questo momento doveva essere dominata dal rapporto di Van Rompuy, Barroso, Draghi e Juncker e dal tentativo di rispettare il calendario proposto per l'Unione bancaria. Meglio forse sarebbe stato legare con più forza la prospettiva del «supercommissario» al rinnovamento delle istituzioni. Tanto solo per fare due esempi, è logica la presenza di questa nuova figura in una squadra rimasta troppo numerosa, che continua ad esprimere un rappresentate per ogni Paese? Non è ormai anacronistico che i leader europei non vengano eletti dai cittadini? Su questi temi la Germania ha molte idee, ma ritiene prematuro tirarle fuori dal cassetto. Mentre invece, se si vuole usare il linguaggio parlato a Bruxelles, l'Unione fiscale dovrebbe essere pensata insieme all'Unione politica.
In altri termini, la medicina del controllo delle discipline di bilancio non può non essere affiancata da una massiccia cura ricostituente per un organismo debilitato. Al quale il comitato norvegese per il Nobel ha attribuito un incoraggiamento psicologico giusto, che rischia però di essere dimenticato presto dopo la cerimonia del 10 dicembre. Nella migliore delle Europe possibili, sarebbe potuto essere quello il giorno giusto per il Vertice contro le spinte disgregative proposto dal presidente del Consiglio italiano Mario Monti. E per iniziare a parlare di riforme. Di tutte quelle che servono. (Tratto da Corriere della Sera, 19 ottobre 2012)
Paolo Lepri

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