I Pirati all'assedio di Berlino
La copertina di "Piratenpartei. Con un'intervista esclusiva a Bernd Schloemer" |
Sono
su un aereo per Berlino e leggo diversi articoli sull’ascesa politica del Partito Pirata in
Germania. Una signora di oltre sessant’anni
seduta accanto mi dice con disprezzo «Lei legge solo brutti
articoli!». Sul
momento non capisco cosa voglia dire esattamente. Forse è una battuta di cui non riesco a cogliere l’ironia. Sarà il famoso senso dell’umorismo dei tedeschi. Poi capisco. La
signora si sta riferendo ai teschi che compaiono nella rassegna stampa sul
Partito Pirata che ho portato con me in viaggio. L’anziana signora, evidentemente, non è un’elettrice
dei Pirati, né una
loro simpatizzante.
Questo aneddoto,
statisticamente irrilevante e insignificante, aiuta a comprendere, tuttavia,
come vengano recepiti e visti i Pirati da un pubblico di non più giovanissimi. Non si tratta, infatti, di
un caso isolato. Arrivato a Berlino, vado a cena con amici tedeschi e italiani da lungo tempo
in Germania, tutti tra i quaranta e cinquant’anni, e provo a spiegare il mio interesse
per questo nuovo fenomeno politico. Il confronto non dura a lungo. Il loro giudizio è senza appello: ignoranti, incapaci e
ingenui; i Pirati rappresentano il peggio della Rete e fra due anni spariranno.
A questo punto, due indizi non fanno una prova, ma indicano una tendenza. I
Pirati, la principale novità della
politica tedesca, o li si ama o li
si disprezza. È
difficile mantenere un atteggiamento di neutralità nei confronti di un movimento che sta
sovvertendo tutte le tradizionali coordinate politiche nella Repubblica
Federale Tedesca. Un partito nato appena sei anni fa, ma che sta cambiando la
geografia dei partiti e il modo stesso di fare politica in Germania.
Il Partito Pirata Tedesco nasce nel 2006 sul modello svedese, che a sua volta si affermò come movimento di protesta per la chiusura della piattaforma illegale di download The Pirate Bay – da cui il nome. Esiste anche un’Internazionale dei Pirati (Pirate Parties International) che si sta diffondendo e radicando in tutto il mondo e che coordina le diverse declinazioni del movimento, presente oramai in ben oltre sessanta nazioni e organizzato in un vero e proprio partito in quasi venti di queste.
Il Partito Pirata Tedesco nasce nel 2006 sul modello svedese, che a sua volta si affermò come movimento di protesta per la chiusura della piattaforma illegale di download The Pirate Bay – da cui il nome. Esiste anche un’Internazionale dei Pirati (Pirate Parties International) che si sta diffondendo e radicando in tutto il mondo e che coordina le diverse declinazioni del movimento, presente oramai in ben oltre sessanta nazioni e organizzato in un vero e proprio partito in quasi venti di queste.
Il Partito Pirata Tedesco
fa il suo esordio nella politica della Repubblica Federale nel 2009 quando ottiene appena
lo 0,9 per cento alle elezioni europee. Un risultato mediocre ma che fece acquisire ai
Pirati la consapevolezza che potevano crescere e dire la loro nella politica nazionale
tedesca, come ricorda, in un’intervista,
Carlo von LynX, uno dei Piraten
berlinesi (di origine
italiana).
Alle elezioni federali
tedesche, sempre nel 2009, raddoppiano i voti e ottengono il 2 per cento. Un risultato che però non permette loro di entrare nel Bundestag,
il parlamento tedesco, non avendo
superato lo sbarramento del cinque per cento. La svolta non tarda ad arrivare. Alle elezioni
comunali della città di
Berlino del 18 settembre del 2011 i Pirati ottengono un
clamoroso 8,9 per cento dei voti e quindici seggi nel parlamento della capitale.
Da partito “fantasma” sono
divenuti in quell’occasione
una vera realtà
politica. Fino ad allora nessuno li prendeva molto sul serio, erano trattati
con superficialità ed
esclusi dal dibattito
politico. Le loro manifestazioni pubbliche nel territorio federale erano
deserte e un
sostanziale insuccesso. Ma il dato straordinario ottenuto a Berlino ha
dimostrato che i Pirati, sfruttando
anche un generale sentimento di sfiducia verso i partiti tradizionali, facevano sul serio e
potevano trovare consenso.
Che
quel risultato non fosse estemporaneo e casuale, lo si è potuto capire soltanto qualche mese dopo,
alle elezioni regionali nel Saarland del marzo del 2012. Qui i Pirati si sono confermati con il 7,4
per cento e quattro seggi nel Parlamento regionale. Le successive votazioni di
maggio nello Schleswig-Holstein (8,2 per cento dei voti e sei seggi) e nel Nordrhein
Westfalen (7,8 per cento dei voti e ben venti seggi) hanno radicato ancora di
più un partito che oggi può contare, oltre ai rappresentanti regionali,
anche su 156 rappresentanti a livello locale e che numerosi sondaggi, nella
scorsa primavera, hanno dato addirittura al 13-14 per cento a livello nazionale
tanto da contendersi, con i Verdi, il terzo posto tra i partiti
tedeschi. Oggi i Pirati sono dati in leggero calo, ma pur sempre sulle percentuali delle
elezioni regionali dell’ultimo
anno.
L’autorevole DeutschlandTrend della prima rete tedesca (ARD) dava i Pirati al 6
per cento a settembre e al 7
per cento a luglio, all’8 per
cento ad agosto e al 6 per cento a settembre. Sarebbero così il quarto partito dopo i Verdi che
otterrebbero il 13-14 per cento. Secondo il
seguitissimo Politbarometer della ZDF,
la seconda rete statale tedesca, nel mese di giugno i Pirati
erano al 7 per cento e al 6 per cento ad agosto e a settembre. Secondo il sondaggio Forsa,
erano dati al 10 per cento a giugno, al 9 per cento a luglio e al 7 per cento a
settembre. Più in
generale, riassumendo i dati dei tre principali sondaggi demoscopici tedeschi, il
quadro al momento è il
seguente: la CDU/CSU al 32-37 per cento, la SPD al 27-32
per cento, i Verdi al 13-14 per cento, Piratenpartei, come detto, al 6-10 per cento,
la Die Linke al 5-7 per cento ed, infine, i liberali, intorno al 4-5 per cento, con la loro
presenza in Parlamento appesa a un filo.
A. Bocklin, L'attacco dei Pirati |
Negli ultimi mesi il
consenso dei Pirati è
calato leggermente e sembra essersi affievolita anche la loro forza di
attrazione. Considerato l’enorme
exploit delle ultime elezioni regionali, si tratta in realtà di un dato fisiologico. È un partito più giovane, meno radicato e ancora più “acerbo” rispetto agli altri partiti. Se a questo si
aggiunge che i mesi estivi rappresentano una parziale
vacanza della politica è
facile constatare come la visibilità dei Pirati sia diminuita e
con essa la loro popolarità. C’è anche da registrare però un piccolo incidente di percorso avvenuto
quest’estate
e che certamente non ha
agevolato. Mi riferisco alla scelta del candidato per le prossime elezioni del 20 gennaio 2013
in Niedersachsen (Bassa Sassonia). Al partito sono state necessarie ben tre
votazioni (aprile, luglio e agosto) per selezionare un nome. Un inconveniente
dovuto a errori procedurali che non sono stati recepiti positivamente dai cittadini tedeschi. Alla fine
a guidare i Pirati alle elezioni in Niedersachsen sarà Meinhart Ramaswamy, simpatico e
tenace personaggio dalla barba folta e con un “piratesco” basco nero sempre in testa.
Con la ripresa dell’attività
politica la Piratenpartei è
tornata ad avere un ruolo più centrale nel dibattito
politico, attirando nuovamente l’attenzione
di numerose testate giornalistiche. Non sempre
per elogiarli, a dire il vero. Come il caso della “Süddeutsche Zeitung” (1°
settembre 2012) che ha messo in evidenza, in una lunga inchiesta, come i Pirati si siano
trasformati da irriverenti innovatori della politica tedesca in un gruppo caotico con una crescente
frustrazione tra i propri militanti, molti dei quali si sono ritirati a vita privata. Tra questi
viene ricordata la ventiquattrenne Marina Weisband e, poi, un “gruppo storico” tra cui Jens Seipenbusch e il suo “Gruppo 42” che nel febbraio scorso ha esplicitamente
richiesto alla direzione del partito di tornare a occuparsi dei temi centrali che hanno
tradizionalmente caratterizzato i Pirati. A dire il vero, però, la decisione di Weisband di
prendersi una pausa dalla politica e di tornare a concludere gli studi risale a prima
degli ultimi successi elettorali. Tra l’altro,
secondo numerose
indiscrezioni, tra cui un
articolo dello “Spiegel-Online”, la promettente ragazza si sta preparando per candidarsi
alle prossime elezioni politiche. Le richieste di Seipenbusch e compagni rientrano, invece,
nella normale dialettica interna al partito che si riunirà in congresso a fine novembre.
In ogni caso stando ai dati
attuali si può
prevedere che nel settembre del 2013 i Pirati faranno il loro ingresso
nel Bundestag modificandone la geografia (già nel 2009 è entrata in Parlamento anche la Die
Linke con circa il 10 per cento). L’anno
prossimo i Pirati dovrebbero esordire nella
Camera rappresentativa, mentre i liberali della FDP (un partito di lunga tradizione
politica) rischiano, seriamente, di rimanere senza deputazione.
L’ascesa dei Pirati ha logorato,
principalmente, gli altri due partiti minori (Liberali e Die Linke) e fatto
tramontare le possibilità dei
Verdi di riuscire a superare i socialdemocratici. D’altronde i Pirati hanno un programma più innovativo e che parla direttamente alle nuove generazioni. La
Die Linke stessa, anche se si mantiene stabilmente sopra lo sbarramento del cinque
per cento, è un
partito in forte calo e che durante l’ultimo congresso dei primi di
giugno ha rischiato di spaccarsi, come ha minacciato Gregor Gysi. Esclusi i due partiti
di massa (la CDU/CSU e la SPD) e i Verdi che sono stabili protagonisti della vita
politica tedesca, i Pirati sono certamente il partito con maggiori prospettive di crescita e
che riscuoto consensi in modo trasversale, soprattutto nell’elettorato privo di rigorose sovrastrutture
ideologiche.
L’euforia per le vittorie elettorali dell’ultimo anno non è ancora passata. I Pirati sono, oggi, i più richiesti e “ricercati”. Ma diversamente dai filibustieri, uomini di
ventura, balordi e saccheggiatori
cacciati per terra e per mare, ai Piraten si chiedono interviste, confronti, contributi e, più in generale, risposte alle questioni e ai
problemi della società che aspirano a governare.
Eppure ancora oggi, sei anni dopo la loro fondazione, un anno dopo lo
straordinario successo elettorale di Berlino e dopo quattro elezioni regionali in cui sono
diventati una realtà del
panorama politico tedesco, le domande più frequenti sono le seguenti:
«Chi sono? Cosa vogliono?»
La verità è che
in pochi sanno rispondere a queste domande. Analisti, politologi e politici, in Germania come in Italia,
non riescono a comprendere nel profondo il Partito Pirata. Le analisi oscillano tra il
partito di protesta e il partito-internet, tra i nuovi liberali o i nuovi Verdi (a seconda
delle inclinazioni ideologiche individuali). Gran parte delle analisi restano parziali e
giungono a sintesi superficiali che rivelano un fraintendimento di fondo: un’analisi limitata a un solo aspetto. Ma a cosa
è dovuto, allora, il
successo del movimento? Quali sono i
loro punti di forza? E soprattutto: chi sono questi Pirati?
Iniziamo dall’ultima di queste domande. È un errore pensare ai Piraten come a un gruppo di dilettanti allo
sbaraglio o hacker in lotta contro il mondo o, ancora, come populisti che cavalcano il
sentimento dell’antipolitica.
Nulla di tutto questo. È
difficile, al contempo, trovare una
definizione esaustiva di questa nuova formazione politica.
Qualsiasi determinazione,
del resto, è
limitante. Se intervistati uno ad uno i Pirati darebbero tutti risposte sempre
diverse. Sono, in gran parte, giovani e a volte peccano di inesperienza, ma sono
organizzati. Rifiutano il leaderismo e per questo non hanno una personalità carismatica e totalizzante che ne incarni e
rappresenti il prototipo. Hanno, comunque, un “capo”,
eletto ogni anno: attualmente è Bernd
Schlömer, 41 anni, sposato, due
bambini, laurea in sociologia e criminologia e dirigente al Ministero della
Difesa. Dal 2009 al 2011 è stato
tesoriere del partito. I suoi interessi principali sono la formazione, l’ambiente e la politica per la sicurezza.
Durante l’ultimo
congresso del 28 aprile, a Neumunster, è stato eletto
con il 66,6 per cento dei voti Presidente del partito, succedendo così a Sebastian Nerz. Proprio Schlömer, in un’intervista alla “Zeit”, ha
precisato come la Piratenpartei è formata,
prevalentemente, da anticonformisti e individualisti, che però amano discutere e confrontarsi. Prendendo a
prestito un’espressione
di Antonio Negri sono «molteplicità di singolarità». Non amano il dirigenzialismo e preferiscono
essere «soldati
invisibili» come
li ha definiti Petra Sorge su “Cicero”. Non un semplice insieme di individui, ma una massa
intelligente. Secondo un motto del Partito Pirata Italiano: «tutti dirigenti e tutti portavoce». (Tratto da Liberal, 10 ottobre 2012)
twitter @uvillanilubelli
Commenti
Posta un commento