La Germania non è un Paese per poveri
Ripropongo un mio vecchio articolo (aprile 2013) uscito per Limes. Il tema delle disparità sociali in Germania e delle complicazioni legate all'introduzione dei mini-jobs è di nuovo d'attualità a Berlino. Ne ha scritto la Zeit in un lungo dossier.
La Germania è un modello imperfetto. Nonostante in
molti considerino il sistema tedesco l’unica alternativa credibile ai
modelli di crescita americano e cinese, anche nella Repubblica Federale
crescono le disparità sociali.
La Conferenza Nazionale sulla Povertà (Nak) ha presentato
lo scorso dicembre una relazione da cui risulta che un cittadino su 4
vive al limite della soglia di povertà. Il documento conferma quanto
pubblicato in precedenza dal Wirtschaft-und Sozialwissenschaftliche Institut
della Fondazione Hans Blöcker, un report che prende in esame le
principali 15 metropoli della Germania. Ne risulta che dal 2005 al 2011
la popolazione delle città che vive sotto la soglia di povertà è
cresciuta dal 17,5 al 19,6%.
È Lipsia la città più povera in assoluto, seguita da
Dortmund, Duisburg e Hannover. Rispetto alla media dell’intera
Repubblica Federale, che si attesta al 15%, soltanto Monaco e Amburgo,
città tradizionalmente benestanti, mostrano percentuali meno allarmanti.
Tutte le altre metropoli hanno indici di povertà superiori alle media
nazionale; tra queste anche Berlino, non a caso definita in passato dal
sindaco Wowereit “povera ma sexy”.
Anche i dati diffusi nel marzo scorso dal governo confermano queste analisi: la relazione sulla povertà (Armutsbericht),
pur in un quadro generale forse eccessivamente ottimistico, ha messo in
evidenza la crescita della disuguaglianza sociale: il 10% della
popolazione possiede infatti il 53% della ricchezza (nel 1998 era il 45%
e nel 2003 il 49%). Il patrimonio delle classi medie è diminuito
progressivamente dal 52% del 1998 al 46% di oggi. Il dato più allarmante
è che appena l’1% della ricchezza totale è condiviso da metà della
popolazione.
Questi dati presentano il lato oscuro e troppo spesso sottovalutato del modello sociale tedesco che secondo lo storico e sociologo Hans-Ulrich Wehler, autore di un recente libro sulle disuguaglianze distributive, rischia di mettere seriamente in discussione l’intero sistema politico.
Non è un caso che Peer Steinbrück, candidato socialdemocratico al Cancellierato,
abbia posto al centro del suo programma la giustizia sociale. In
particolare questi si è fatto interprete dell’esigenza di costruire
nuovi appartamenti popolari e di stabilire un tetto agli affitti. La
proposta sembra essere quanto mai opportuna, se si considera che il
documento finale della già citata Nak, oltre all’introduzione del
salario minimo, propone di avviare programmi di sostegno e di aiuto
all’emergenza-casa causata dall’aumento degli affitti e dalla
diminuzione della costruzione di appartamenti popolari. Secondo il
documento, 248 mila persone non hanno una casa e altre 106 mila
rischiano di perderla (i dati si riferiscono al 2010).
Il tema delle iniquità sociali sta facendo molto discutere i partiti
che si preparano all’imminente campagna elettorale. Socialdemocratici e
Verdi intendono aumentare proporzionalmente le tasse per creare
maggiore equità sociale e per finanziare sostegni alle famiglie e ai
bambini. La CDU e i liberali della FDP propongono, sull’onda del recente
referendum svizzero sui compensi ai manager, di imporre un limite
massimo agli stipendi.
Nella Camera delle regioni (Bundesrat), una maggioranza tra estrema sinistra,
socialdemocratici e Verdi (rosso-rosso-verde) ha votato a favore del
salario minimo. Pensare che questa convergenza possa essere letta come
la prova generale di una futura maggioranza anche nel Bundestag è però
prematuro: le distanze tra i 3 partiti sono ancora molte.
Il dibattito sulle disparità sociali si incrocia, inevitabilmente, con quello sul decimo anniversario dell’Agenda 2010, quel complesso programma di riforme avviato dal governo Schröder nel 2003. Marc Brost, giornalista tedesco della Zeit, ha evidenziato
come sia proprio l’Agenda 2010 alla base della disparità sociali di
oggi: da una parte ha modernizzato la Germania, dall'altra ha diviso il
paese in ricchi e poveri, precari e lavoratori stabili.
Queste critiche sono condivise da molti cittadini tedeschi. Un recente comunicato della Nak
ha dato voce a questo sentimento ricordando come l’Agenda di Schröder
non ha fatto altro che acuire lo stato di povertà in Germania. Di diverso avviso è Marc Beise, giornalista economico della Süddeutsche Zeitung, secondo cui quel programma di modernizzazione ha il merito di aver creato nuova occupazione.
Un giudizio complessivo sulle riforme avviate da Schröder è molto difficile.
Certo è che hanno introdotto una drastica riduzione dei sussidi sociali
e le liberalizzazioni nel mercato del lavoro. Grazie all’Agenda 2010 si
è avviata un’indispensabile razionalizzazione delle spesa pubblica ed è
gradualmente diminuita la disoccupazione; tuttavia, è vero che i nuovi
posti di lavoro sono spesso sottopagati: si tratta dei cosiddetti mini-job che coinvolgono circa 5 milioni di persone e che non sono altro che occupazioni flessibili, pagate appena 450 euro.
Se, infine, si prendono in considerazione i recenti dati dell’Ufficio federale di Statistica sul rischio di povertà,
la Germania si colloca in una posizione migliore rispetto alla media
europea. Nel 2011, nella Repubblica Federale il 15,8% dei cittadini
viveva sotto la soglia di povertà, mentre la media europea era il 16,9.
Repubblica Ceca (9,8%), Olanda (11%) e Austria (12,6%) fanno meglio di
Berlino, mentre in basso alla classifica si trovano, tra gli altri,
Italia (19,6%), Spagna (21,8%), Grecia (21,4%).
Anche se questi dati sono in sé positivi, andrebbero letti con maggiore attenzione.
Se, infatti, Italia, Spagna e Grecia si stanno impoverendo nel loro
complesso - ed è a questo processo che si deve attribuire l’aumento
delle fasce sociali a rischio di povertà - in Germania, al contrario,
l’indice di crescita è stabilmente positivo. Eppure, proprio nella
Repubblica Federale sono aumentate le disparità sociali e la popolazione
a rischio di povertà è passata dal 15,2% del 2008 al 15,8% del 2011.
Da un sistema sociale ed economico considerato un modello ci si sarebbe aspettato una distribuzione più equa della nuova ricchezza.
Commenti
Posta un commento