La Germania e il viagra del lavoro
La
vita frenetica dei nostri tempi ci ha abituati alla competizione, iniziati allo
stress, armati di tensione per la lotta quotidiana ed, infine, ci ha
“premurosamente” consegnati agli “aiutini” artificiali. Si discute da sempre su
quale sia il confine tra droga e sostanze legali ma ugualmente psicostimolanti.
E intanto, durante questi lunghi anni di intramontabili dibattiti
socio-politici sulla classificazione delle sostanze stupefacenti, pare che la
Germania detenga un nuovo spiacevole primato:
secondo le stime della Aok dal 2002 al 2012 il consumo di sostanze dopanti è aumentato tra il 300
e il 400 per cento.
Viene chiamato “viagra del lavoro” il doping utilizzato da molti manager (e non solo) per mantenere alto il livello delle prestazioni lavorative.
Viene chiamato “viagra del lavoro” il doping utilizzato da molti manager (e non solo) per mantenere alto il livello delle prestazioni lavorative.
L’allarme, lanciato dalla Welt, pone l’accento sugli effetti collaterali e
sull’altissimo rischio di dipendenza che ne deriva. Questi medicinali, per
quanto legalmente prescritti da medici, oltre a fornire una potente dose di
energia e ad una immediata sensazione di forza e benessere, comportano anche l’inevitabile ingresso nella
spirale della tossicodipendenza: l’abuso di queste sostanze, infatti, dovrà poi
essere curato attraverso l’assunzione di altri psicofarmaci. Questa catena di
ambizione-illusione-delusione ha già mietuto numerose vittime, tanto che, ad
insospettire l'Aok, pare siano state proprio statistiche sul numero delle ore
di congedo chieste e ottenute dai lavoratori a causa della tossicodipendenza
da sostanze stimolanti e da altri
antidepressivi assunti in una seconda fase.
La
storia si ripete. Meno di un anno fa la commissione sanità del Bundestag aveva
lanciato un altro allarme “doping”, questa volta tra gli scolari: il Ritalin,il medicinale conosciuto tra i ragazzi come stimolante del sistema nervosocentrale, al centro dell’allarme dello scorso anno, è proprio uno deglielementi presenti in queste “anfetamine del lavoro”.
Cambia l’età, ma resta
tale l’inconsapevolezza del pericolo (oltre che dell’immoralità) del “riuscire
facile”. A preoccupare, infatti, è la falsata percezione del successo, non più
solo tra i ragazzi ma evidentemente anche tra gli adulti: che un ragazzo,
ancora in età scolare, assumesse delle sostanze stimolanti senza il consenso
dei genitori sembrava improbabile allora e, alla luce delle nuove statistiche,
lo sembra ancora di più adesso.
Paola Damiano
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