Germania. Conservatori e Verdi, un'alleanza possibile?
di Ubaldo Villani-Lubelli
Vi ripropongo un mio vecchio articolo del 16 marzo 2011 sulla scelta del Governo Merkel di rinunciare al nucleare: In Germania il fronte nuclearista non cede. Al primo posto la sicurezza
Nel romanzo “Dopo la catastrofe” (Die Wolke), la scrittrice tedesca Gudrun Pausewang immagina un incidente al reattore nucleare di Grafenrheinfeld, in Baviera, tale da determinare una catastrofe immane. Una storia evidentemente ispirata all’incidente di Černobyl'. Vedendo le immagini delle esplosioni alla centrale giapponese di Fukushima, Angela Markel deve aver pensato spesso a quel romanzo ed allo scenario apocalittico che viene raccontato. Eppure, appena l’autunno scorso, il suo Governo aveva deciso di prolungare l’utilizzo del nucleare dal 2022, così come deciso nel 2001 dal governo di Gerhard Schröder, al 2036 ed, al contempo, di arrivare, entro il 2050, all’80 per cento di produzione di energia da fonti rinnovabili. Oggi, però, a distanza di solo cinque mesi e condizionati dalla drammaticità delle immagini provenienti dal Giappone, la Cancelliera ed il suo governo hanno deciso di sospendere quella decisione.
Il metodo di Angela Merkel e del suo vice Guido Westerwelle è stato spettacolare ed ha spiazzato l’intera Unione Europea e molti analisti politici. La decisione del Governo tedesco non è, però, un abbandono del nucleare, ma una spegnimento di sette delle centrali più vecchie e di una moratoria di tre mesi sulla decisione di prolungare la vita delle centrali del paese, in attesa che una commissione chiarisca la sicurezza delle diciassette centrali sul territorio tedesco che, a dire il vero, erano già state controllate e dichiarate sicure pochi mesi fa. Ricordiamo che la Germania non ha in programmazione la costruzione di nuove centrali. In realtà, la decisione del governo di Berlino è una sintesi di teutonico senso di responsabilità e freddo calcolo politico.
Da una parte, c’è, indubbiamente, l’aspetto legato alla sicurezza. Del resto, le diciassette centrali nucleari tedesche sono state costruite tra 1974 (Biblis A, in Assia) ed il 1988 (Emsland in Bassa Sassonia, Neckharwestheim II in Baden-Württemberg e Isar in Baviera) e producono poco più del 20 per cento dell’intera produzione energetica tedesca. Ma dietro la decisione di sospendere il piano energetico del Governo approvato e votato l’ottobre scorso, c’è anche un altro aspetto legato alla politica interna. Nelle prossime due domeniche, infatti, si svolgeranno le elezioni regionali in tre importanti Länder tedeschi. Il 20 marzo si voterà in Sachsen-Anhalt ed in Rheinland-Pfalz e la domenica successiva, il 27 marzo, nel Baden-Württemberg. Non sono tanto le elezioni di questa domenica a preoccupare Angela Merkel, quanto quelle a fine marzo nel Baden-Württemberg, una delle roccaforti elettorali del centro-destra. Qui la CDU di Angela Merkel è già in grossa difficoltà, perché, da circa un anno, la costruzione di una enorme stazione ferroviaria sta dividendo un’intera Regione ed ha mobilitato gli ambientalisti.
Ad avvantaggiarsi di questa situazione di conflitto sono stati soprattutto i Verdi che al momento, stando ai sondaggi, potrebbero, insieme ai socialdemocratici, addirittura governare il Land che dal 1953 viene guidato dalla CDU. La mossa di Angela Merkel deve, dunque, essere interpretata anche alla luce della situazione politica contingente, che vede la coalizione di Governo in grossa difficoltà in tutte le elezioni regionali. Non è un caso, tra l’altro, che delle sette centrali che sono state spente, proprio due si trovino nel Baden-Württemberg dove, tra l’altro, nei giorni scorsi ci sono delle manifestazioni antinucleariste.
Ma al di là del tatticismo politico, l’inaspettata decisione del governo tedesco ha riaperto un dibattito che, in Germania, già lo scorso anno, aveva assunto toni ed accenti estremamente ideologici ed, a tratti, veramente poco costruttivi: tante barricate, pochi argomenti. Come già ricordò, in pieno dibattitto sul nucleare, un editoriale di Holger Steltzner sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ) del 7 settembre del 2010, tutti vorrebbero energia pulita, sicura ed economica, ma non è possibile ottenere tutto ed è necessario scegliere. L’energia solare è ancora troppo cara rispetto al nucleare ed a pagare questi costi sono e saranno principalmente i cittadini. Nello stesso articolo, Holger Steltzner ricordava, inoltre, che in tutta Europa (Polonia, Francia, Svezia e Italia) si programma un ritorno al nucleare. Sempre secondo la FAZ di ieri, in Francia sono attive ben cinquantotto centrali nucleari, un’altra è in costruzione ed un’altra ancora in programmazione, in Gran Bretagna le centrali sono diciannove ed altre dieci da costruire, in Ungheria le centrali sono quattro e ben dodici in programma. E la lista potrebbe continuare ancora a lungo.
In realtà, come ha fatto notare in un’intervista alla Süddeutsche Zeitung Ralph Güldner, manager dell’azienda energetica Eon e presidente del Forum sull’atomo in Germania, il nucleare resterà anche in futuro un importante fonte di produzione energetica – ricordiamo che la Germania ha una produzione di energia (quasi) equamente divisa tra nucleare, carbone, gas, ed energie rinnovabili. Ma soprattutto, ha continuato Ralph Güldner, dobbiamo anche riflettere che la situazione in Giappone è un’eccezione, è un caso unico. E’, infatti, impossibile che in Europa possa riproporsi una simile concatenazione di eventi naturali. Lì, infatti, si sono avvenute due catastrofi: un terremoto ed uno tsunami. La lezione del Giappone, continua il manager di Eon, ci deve solo servire per migliorare e potenziare la sicurezza delle centrali nucleari in caso di terremoti. Senza sottovalutare la criticità del rischio radiottivo, non è costruttivo descrivere scenari apocalittici non considerando l’eccezionalità di ciò che purtroppo sta vivendo il Giappone in questi giorni. (Tratto da L'Occidentale)
di Ubaldo Villani-Lubelli
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