Donne e diritti: la storia di Marianne Weber
Marianne e Max Weber |
Nata il 2 agosto 1870 a Oerlinghausen e deceduta il 12 marzo 1954 a Heidelberg, Weber è stata una delle più importanti animatrici del movimento femminista in Germania. Nonostante la sua importanza per la storia del Novecento tedesco, soltanto nel 2010 Bärbel Meurer ha pubblicato la prima biografia. Dopo la sua morte è stata a lungo dimenticata dai movimenti femministi proprio per la sua presunta “dipendenza” dalla fama del marito.
A spiegare la straordinaria figura di Marianne Weber ci ha pensato ieri Evelyn Höbenreich, vivace studiosa dell’Università di Graz (Austria) presso la sala conferenze del Rettorato dell'Università del Salento, nell’ambito del ciclo di incontri “Percorsi dell’autonomia femminile: lo studio, il pensiero, il lavoro”, a cura di Francesca Lamberti, Alessandra Beccarisi, Viviane Kühne e Anna Maria Cherubini.
La relazione
di Evelyn Höbenreich - docente di
Diritto romano e co-fondatrice del Network “Leda” per gli studi di genere e la storia
della tradizione romanistica - ha messo in risalto l'intenso lavoro di Marianne
Weber per il processo di emancipazione e di affermazione delle donne nel Novecento. Höbenreich
ha ricordato l'attività della Weber nel Partito Democratico Tedesco, come anche
alcune sue battaglie solo apparentemente più leggere: voglio liberare le donne
dal dilettantismo in cucina. Weber è stata parte di un movimento di avanguardia.
Con il suo fondamentale contributo è riuscita a formulare qualcosa che soltanto
molti decenni dopo i movimenti femministi sono riusciti ad elaborare in maniera
sistematica.
La vicenda e gli scritti di Marianne Weber
restano un tassello indispensabile per gli studi di genere che mai
come in questa fase storica cercano di delineare il ruolo della donna nella
società moderna tra rischio di perdita della propria specificità femminile,
rivendicazione della stessa, desiderio legittimo di mantenimento delle
porzioni di potere acquisite e aspirazione al raggiungimento di sempre
maggiori posizioni apicali.
twitter @uvillanilubelli
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