Elezioni tedesche: l’Europa, il mondo e il dilemma dell’alleanza
Le elezioni tedesche sono considerate per diversi motivi il punto di svolta dell’intera politica europea. Lì dove si sono condizionati, nel bene come nel male, molti dei processi politici dell'Unione, ovvero a Berlino, si deciderà anche il corso della politica europea nell'immediato futuro. Non è certo un caso che nella campagna elettorale tedesca la politica estera abbia avuto un’insolita centralità. Tra crisi migratoria, relazioni con la Turchia, terrorismo, relazioni con Trump, crisi con la Corea del Nord e futuro dell'Unione, il dibattito politico non poteva che essere condizionato dalle controversie internazionali in corso. Tutti temi che si legano al dibattito relativo al ruolo che la Germania intende svolgere come attore politico globale.
Nell’era Merkel la Repubblica Federale ha visto mutare radicalmente la sua posizione nel mondo e la sua influenza internazionale. Negli ultimi dodici anni la Germania ha elaborato una politica estera sempre più indipendente e autonoma, non ha avuto remore a difendere i propri interessi, ha curato e rafforzato i rapporti economici con la Cina e la Russia ed ha ritrovato un protagonismo economico internazionale che in parte è sempre stato una delle caratteristiche della Germania ma che negli ultimi anni ha raggiunto livelli considerevoli.
Infine, Berlino ha svolto un importante ruolo diplomatico nell’accordo sul nucleare con l’Iran, tanto che la Cancelliera, in una recente intervista sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung (10 settembre) non si è tirata indietro rispetto ad un spazio d’azione diplomatico per la Repubblica Federale anche nella crisi nordcoreana. Nella convinzione che l’unica soluzione sia quella diplomatica, Merkel si è augurata che venga riproposto lo stesso schema della crisi iraniana. Si tratta del cosiddetto 5+1, Stati Uniti, Cina, Russia, più Regno Unito, Francia e, appunto, Germania. Le forze vincitrici della seconda guerra mondiale e che sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (ONU) più la Repubblica Federale. Mi posso immaginare un simile formato anche per la gestione della crisi nordcoreana. L’Europa e in particolare la Germania devono essere pronte a svolgere una parte attiva, ha detto Angela Merkel. Si tratta, evidentemente, di un cambiamento epocale in quanto Berlino chiede un ruolo ed un riconoscimento diplomatico del tutto nuovo rispetto al passato. Del resto, la Germania ha intenzione di aumentare le spese militare fino al 2 per cento del PIL così come previsto dagli accordi all’interno della NATO e non è un caso che alla fine dello scorso anno, dopo l’elezione di Trump, sia iniziato in Germania un dibattito, a dire il vero presto conclusosi, sulla possibilità che anche Berlino si dotasse dell’arma atomica seppur in un contesto di cooperazione europea.
Venendo all’Europa, grazie alla sua forza economica e alla sua stabilità politica in una fase di crisi internazionale, conseguentemente all'allargamento dell’Unione Europea a Est che le ha attribuito nuova centralità geopolitica ed, infine, a causa alla perdita di peso politico internazionale dei tradizionali partner europei come Francia, Italia e Regno Unito, la Germania ha acquisito un’egemonia che ha però esercitato non avendo sempre chiaro il bene dell’intera Unione (lo dimostrano le contraddizioni nella gestione della crisi greca, dei migranti e il surplus commerciale). Così, le elezioni del 24 settembre assumono un particolare interesse in relazione proprio al futuro immediato dell’Ue.
Se appare scontato che Merkel continuerà ad essere alla guida del governo tedesco, molto più incerto è l’alleato (o gli alleati) con cui dovrà formare la maggioranza. Chiunque sarà il partner di governo (socialdemocratici, liberali, Verdi oppure liberali e Verdi insieme), questa volta per la Cancelliera la composizione dell’esecutivo e la stesura del programma di legislatura saranno una sfida molto difficile e piena di incognite. Ricordo che già quattro anni fa ci vollero circa tre mesi di trattative con i socialdemocratici. L’ostacolo maggiore sarà rappresentato dal ritorno in parlamento dei liberali (FDP) e dall’ingresso, per la prima volta, di Alternative far Deutschland (AfD).
Liberali e AfD rappresentano i partiti con la linea più dura e intransigente nel panorama partitico tedesco. Se AfD addirittura vorrebbe far uscire la Germania dall'eurozona, l’FDP è contraria a molte delle riforme attualmente in cantiere, dal Ministro delle Finanze al bilancio UE separato fino alla costituzione di un Fondo Monetario Europeo. L’Europa a due velocità auspicata dai liberali e più volte evidenziata nel programma elettorale assomiglia molto ad un’Europa su misura della Germania.
Per la Cancelleria, far coincidere la prospettiva di un’alleanza franco-tedesca per il rafforzamento della governance dell’Unione Europea (a cui stanno lavorando diversi gruppi di lavoro bilaterali tra Parigi e Berlino e i cui risultati dovrebbero essere presentati entro fine anno) con le posizioni più rigide della FDP sarà una vera e propria impresa. Inoltre, la presenza degli estremisti di AfD in Parlamento sarà un elemento di grande incertezza e di difficoltà nella gestione politica e comunicativa del dibattito parlamentare. Ogni voto sull’Europa verrà trasformato in una battaglia, in una resa dei conti, con il rischio, non del tutto remoto, che l’ala più conservatrice dell’Unione, ogni tanto, possa addirittura votare insieme ad AfD.
Se fino ad ora Merkel, in tutti i suoi tre governi, è sempre riuscita a dare la linea politica sui temi europei, a prescindere dagli alleati, questa volta potrebbe essere molto più complesso. Forse anche per questo la Cancelliera spera in buon risultato dei Verdi che si trovano su posizioni indiscutibilmente europeiste e più vicine a quelle di Merkel e che potrebbero rappresentare un suo importante alleato.
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