Via libera all'ESM, ora l'Unione politica
“In nome del popolo, i ricorsi contro il meccanismo di stabilità europeo ed il patto fiscale sono respinte”. La tanto attesa decisione della Corte Costituzionale tedesca è finalmente arrivata e regala una boccata di ossigeno all'Europa così in affanno. L'Esm, il fondo salva-stati dalle ingenti risorse, ha il via libera. Nemmeno il tempo di leggere la sentenza che il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker ne convoca la prima riunione per l'8 Ottobre.
La notizia, ovviamente, raccoglie il plauso del mondo politico europeo, soprattutto nei paesi a rischio, Spagna ed Italia in testa. Rimangono delusi, invece, gli euroscettici tedeschi (e non solo) che avrebbero potuto cavalcare l'onda di una sentenza negativa per affossare gli sforzi economici dei paesi deboli e quelli politici verso una maggiore solidarietà europea.
I giudici di Karlsruhe, forse, hanno risentito della responsabilità che ricadeva nelle loro mani: l'accoglimento del ricorso contro l'Esm avrebbe affossato il fondo salva-stati, così da rendere vani non solo i lunghi mesi di trattative, ma anche la recente decisione della BCE
di porre un limite ai rendimenti dei titoli di stato di alcuni paesi e quindi ai vari spread. Anche se la corte ha mantenuto la riserva di valutare se la BCE ha oltrepassato le sue competenze.
La Corte si è concentrata sul 27 per cento delle quote di capitale del fondo che la Germania possiede, limitando a 190 miliardi la somma che potrà versare. Anche questa, però, una buona notizia per chi aveva immaginato una sentenza maggiormente limitativa. Fino a 190 miliardi, quindi, il governo tedesco non è obbligato a chiedere il parere del Parlamento, che invece dovrà essere coinvolto nel caso si rendesse necessario un aumento. "La Germania ha dato un forte segnale all'Europa ma ora farà di tutto per dare uno sviluppo all'unione economia e monetaria", commenta Angela Merkel, che esce vittoriosa dopo essersi sbilanciata nei giorni scorsi sulla “certa costituzionalità” dell'Esm e del Fiscal Compact.
Con questa sentenza, dunque, si spiana almeno in parte la strada verso l'unione monetaria, politica e bancaria che da qualche giorno comincia a circolare tra le Cancellerie d'Europa. Lo ha confermato anche Barroso, presidente della Commissione Europea, affermando che il futuro dell'Unione è l'Unione politica, percorso che prevede anche una “modifica dei trattati”. L'Europa sembra essersi svegliata a 55 anni dalla sua istituzione e nel cuore di una crisi che ne mina, tuttora, la tenuta. L'unica strada per il risanamento dell'Unione è la condivisione di obiettivi prima politici e poi economici. Non il contrario. Per questo il via libera della Corte di Karlsruhe e le scelte della BCE rischiano di arginare i danni, ma di non risolvere del tutto la questione. Le divisioni interne ai Paesi europei, tra euroscettici ed europeisti convinti, sono la conseguenza della mancanza di chiarezza sul futuro dell'Europa. Così c'è chi si lamenta degli eccessivi aiuti e chi, invece, denuncia poca solidarietà tra paesi. Da entrambe le parti nascono sentimenti di avversione per l'eccessiva cessione di sovranità che i vari trattati e la recente crisi hanno determinato. Stessi sentimenti che nascono da esigenze e richieste differenti, se non opposte. Maggiore solidarietà da una parte, più rigore dall'altra. Sono le richieste di un popolo europeo che percepisce il ritardo di una istituzione strana, lontana e troppe volte inefficiente. Ma di cui percepisce la potenzialità: l'Europa presa nel suo insieme è la maggiore economia del mondo. Per questo nei prossimi mesi i leader europei dovranno dare una risposta politica a tutto questo, delineando un progetto-Europa nuovo e condiviso da tutti. Elettori compresi.
La notizia, ovviamente, raccoglie il plauso del mondo politico europeo, soprattutto nei paesi a rischio, Spagna ed Italia in testa. Rimangono delusi, invece, gli euroscettici tedeschi (e non solo) che avrebbero potuto cavalcare l'onda di una sentenza negativa per affossare gli sforzi economici dei paesi deboli e quelli politici verso una maggiore solidarietà europea.
I giudici di Karlsruhe, forse, hanno risentito della responsabilità che ricadeva nelle loro mani: l'accoglimento del ricorso contro l'Esm avrebbe affossato il fondo salva-stati, così da rendere vani non solo i lunghi mesi di trattative, ma anche la recente decisione della BCE
di porre un limite ai rendimenti dei titoli di stato di alcuni paesi e quindi ai vari spread. Anche se la corte ha mantenuto la riserva di valutare se la BCE ha oltrepassato le sue competenze.
La Corte si è concentrata sul 27 per cento delle quote di capitale del fondo che la Germania possiede, limitando a 190 miliardi la somma che potrà versare. Anche questa, però, una buona notizia per chi aveva immaginato una sentenza maggiormente limitativa. Fino a 190 miliardi, quindi, il governo tedesco non è obbligato a chiedere il parere del Parlamento, che invece dovrà essere coinvolto nel caso si rendesse necessario un aumento. "La Germania ha dato un forte segnale all'Europa ma ora farà di tutto per dare uno sviluppo all'unione economia e monetaria", commenta Angela Merkel, che esce vittoriosa dopo essersi sbilanciata nei giorni scorsi sulla “certa costituzionalità” dell'Esm e del Fiscal Compact.
Con questa sentenza, dunque, si spiana almeno in parte la strada verso l'unione monetaria, politica e bancaria che da qualche giorno comincia a circolare tra le Cancellerie d'Europa. Lo ha confermato anche Barroso, presidente della Commissione Europea, affermando che il futuro dell'Unione è l'Unione politica, percorso che prevede anche una “modifica dei trattati”. L'Europa sembra essersi svegliata a 55 anni dalla sua istituzione e nel cuore di una crisi che ne mina, tuttora, la tenuta. L'unica strada per il risanamento dell'Unione è la condivisione di obiettivi prima politici e poi economici. Non il contrario. Per questo il via libera della Corte di Karlsruhe e le scelte della BCE rischiano di arginare i danni, ma di non risolvere del tutto la questione. Le divisioni interne ai Paesi europei, tra euroscettici ed europeisti convinti, sono la conseguenza della mancanza di chiarezza sul futuro dell'Europa. Così c'è chi si lamenta degli eccessivi aiuti e chi, invece, denuncia poca solidarietà tra paesi. Da entrambe le parti nascono sentimenti di avversione per l'eccessiva cessione di sovranità che i vari trattati e la recente crisi hanno determinato. Stessi sentimenti che nascono da esigenze e richieste differenti, se non opposte. Maggiore solidarietà da una parte, più rigore dall'altra. Sono le richieste di un popolo europeo che percepisce il ritardo di una istituzione strana, lontana e troppe volte inefficiente. Ma di cui percepisce la potenzialità: l'Europa presa nel suo insieme è la maggiore economia del mondo. Per questo nei prossimi mesi i leader europei dovranno dare una risposta politica a tutto questo, delineando un progetto-Europa nuovo e condiviso da tutti. Elettori compresi.
Giuseppe De Lorenzo
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