La reciproche ossessioni ... tedesche e israeliane


Antisemitismo. Ogni discussione su Israele è sempre viziata dalla possibile accusa di antisemitismo. Ne doveva essere consapevole Günter Grass mentre si apprestava a scrivere la poesia “Quello che deve essere detto”: il verdetto «antisemitismo» è d’uso corrente. E il verdetto, puntualmente, è arrivato. Criticare Israele è rischioso, soprattutto per chi è tedesco ed ha ammesso di aver aderito, da adolescente, al nazismo. Grass lo sa bene e nella sua poesia lo dice chiaro: Perché ho taciuto finora? / Perché pensavo che la mia origine / gravata da una macchia incancellabile, / impedisce di aspettarsi questo dato di fatto / come verità dichiarata dallo Stato d’Israele / al quale sono e voglio restare legato.
Sulla Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung (FAS) Marcel Reich-Ranicki ha definito Gemeinheit (crudeltà/malvagità) le tesi di Grass e come un’assurdità (Unsinn) aver pubblicato una poesia del genere. Il critico ebreo-tedesco ha, naturalmente, criticato lo scrittore tedesco per il suo passato, troppo a lungo taciuto, nelle Waffen-SS. La strategia di Reich-Ranicki è di non entrare, del tutto, nel merito delle questioni poste da Grass e mettere in discussione l’uomo e il suo stile di scrittura, le sue, reali o presunte, qualità artistiche. Così Grass diventa un figura alla ricerca si gesti sensazionali e uno scrittore sopravvalutato che, in fondo, ha scritto un solo grande romanzo, Il tamburo di latta. L’influente critico, inoltre, associa Grass a Martin Walser (altro scrittore con cui Reich-Ranicki ha avuto qualche contrasto) per la caratteristica di attaccare gli ebrei. Entrambi avrebbero capito che attaccando gli ebrei si ottiene molta visibilità. Reich-Ranicki usa la sua influenza come critico per "stroncare" il Grass scrittore e uomo. Un fenomeno non nuovo in Germania e ben descritto, proprio da Martin Walser, in Morte di un critico.

La questione che pone Grass è molto semplice e soprattutto non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo e l’Olocausto. Ad essere contestati sono il pericoloso programma di armamento atomico di Israele e il discutibile sostegno del governo tedesco, che ha venduto “di nuovo e per puri scopi commerciali” modernissimi sottomarini. Per pulirsi, ancora una volta, la coscienza.
I governi israeliani e tedeschi, con i loro affari, sembrano riproporre le dinamiche raccontate, ironicamente, ne La Versione di Barney: Il fatto è che quest’anno, porca sfiga, abbiamo un problema con la P maiuscola: le violenze antisemite sono in sensibile calo. Quest’anno butta così, quindi ti resta una sola possibilità, tormentare il tuo uomo con l’Olocausto. Sciorina pure tutto il repertorio, Auschwitz, Buchenwald, i criminali di guerra ... Poi spara: Senta ma lei è veramente sicuro che tutto questo non possa accadere di nuovo? Può accadere di nuovo, naturalmente. L’Olocausto è una sorta di assicurazione sulla vita.
Il nobel tedesco non ha alterato la realtà, come gli è stato rimproverato da più parti. Le critiche al governo tedesco sono legittime e giustificate: nessuno ha smentito che la Germania venda, a basso prezzo, alcuni sottomarini a Israele. Anche perché noi – come tedeschi con sufficienti / colpe a carico - / potremmo diventare fornitori di un crimine prevedibile, e nessuna delle solite scuse / cancellerebbe la nostra complicità, scrive Grass.
Le accuse a Israele sono, invece, inopportune. In questa fase storica, è l’Iran ad essere l’elemento di maggiore destabilizzazione degli equilibri geo-politici in Medio Oriente. Questo però non vuol dire che Israele sia inattaccabile. Lo stato di eccezionalità deve, prima o poi, venir meno. Per citare ancora Richler: Adesso siamo accettati dappertutto, ma che dico accettati, siamo i benvenuti, e i giovani trovano normalissimo sposare una shikse. Gli ebrei siedono nei consigli di amministrazione delle banche, alla Corte suprema, persino nel governo di Ottawa. Israele è un bellissimo paese, perfettamente normale. Deve pur essere lecito criticare la politica militare ed economica del governo israeliano senza essere accusati di essere antisemiti o alterare la realtà. Inutile negare che così come il governo di Tel Aviv tutela, legittimamente, i propri interessi economici e politici, allo stesso modo è lecita una critica. E’ stato, poi, una caduta di stile (forse un vero e proprio errore) dichiarare Günter Grass persona non grata. Altri intellettuali erano stati “colpiti” da questo provvedimento - Noam Chomsky e Norman Finkelstein - ma nessuno era stato accusato anche di filo-nazismo, come nel caso di Grass.

Günter Grass non ha detto nulla di particolarmente originale. Non voleva neanche esserlo, come ha dichiarato in un'intervista alla Süddeutsche Zeitung, ma ha posto dei problemi suoi quali, sarebbe auspicabile, aprire una discussione pubblica. Lo scrittore tedesco ci ha provato, ma onestamente dobbiamo riconoscere che se questo era l'obiettivo, non ci è riuscito. L'intera discussione pubblica si è concentrata sulla persona Grass (antisemita o no?) e non sulle scelte politico-economiche del governo d'Isreale e del governo tedesco. Si è discusso, molto (forse troppo) dell'ossessione-olocausto che ancora plasma la società tedesca.

Rimane, infine, una questione: perché proprio una poesia? Günter Grass ha rivendicato il valore poetico e letterario della sua opera che si inserisce una lunga tradizione letteraria tedesca. Questa tesi, naturalmente, non convince del tutto. E’ evidente, d’altronde, che la poesia non è proprio il genere letterario in cui lo scrittore tedesco offra il meglio di sé, ma è indubbio che “Was gesagt werden muss” ha, comunque, un valore letterario rappresentato dal suo stesso autore che resta uno dei più grandi scrittori della storia tedesca e, dopo Thomas Mann, forse, il più grande del Novecento. Per noi lettori l’auspicio è che torni a scrivere romanzi e abbandoni le poesie.

Ubaldo Villani-Lubelli

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