Turingia, il coraggio di Angela Merkel
La crisi in Turingia si avvia alla sua normalizzazione. Dopo la spericolata manovra dei liberali e dei cristiano-democratici della Turingia con la quale è stato votato un Presidente del Land (Kemmerich) del più piccolo gruppo parlamentare (i liberali) con i voti dell’estrema destra di AfD, la situazione è stata sbloccata dal ritorno di Angela Merkel dal viaggio istituzionale in Sud Africa e Angola. La coalizione del governo tedesco si è espressa chiaramente per elezioni anticipate e ha escluso la formazione di governi o di maggioranze con i voti di AfD sia a livello nazionale che regionale. Un messaggio molto chiaro anche ai gruppi parlamentari dei cristiano-democratici in Turingia che si erano inizialmente dichiarati contrari alle elezioni anticipate. Quasi contestualmente alla comunicazione della maggioranza del governo tedesco sono arrivate le dimissioni, annunciate giovedì ma formalizzate sabato, del neopresidente Kemmerich.
Lo scenario di un possibile nuovo governo di Bodo Ramelow, Presidente uscente di Die Linke, che aveva l’appoggio di Verdi e Spd, è tramontato. A questo punto si applicherà l’art. 50 della Costituzione della Turingia che prevede che un terzo dei deputati regionali (almeno trenta) possa presentare una mozione per lo scioglimento del parlamento. Non è sufficiente che venga sottoscritta da un solo partito: attualmente la CDU ha 21 deputati, Die Linke 29, AfD 22, SPD 8, Verdi e liberali 5. Ammesso che la mozione venga appoggiata da almeno 30 deputati essa deve poi essere votata da almeno due terzi del Parlamento, ovvero 60 deputati. Serve dunque un consenso trasversale e ampio in un parlamento di 90 deputati che al momento è molto diviso e litigioso.
Che Merkel abbia svolto un ruolo decisivo nella vicenda è dimostrato prima dalla durissima condanna all’elezione di Kemmerich quando la cancelliera era ancora in Africa, ma anche dalla revoca dell’incarico a commissario del governo con delega ai nuovi Länder (ovvero le regioni della ex Germania Est) a Christian Hirte, un esponente della CDU che si era congratulato con il neo-presidente della Turingia Kemmerich. È chiaro che all’interno della CDU, in tanti, dalle seconde linee, hanno sostenuto l’operazione-Turingia dialogando in segreto con la AfD e concordando con l’estrema destra una strategia comune. Lo scontro nella CDU è potenzialmente molto grave. Esiste una parte minoritaria eppure consistente del partito che non condivide la politica progressista e moderata di Angela Merkel e preferisce dialogare con AfD piuttosto che con le forze di sinistra. Si tratta di un conflitto nazionale che ha trovato in Turingia un perfetto campo di battaglia. È qui che le vicende nazionali e regionali si sono intrecciate e che l’intera strategia dell’esclusione della AfD da qualsiasi forma di cooperazione politica è stata messa in discussione.
La decisione di Merkel e della maggioranza di governo di chiedere elezioni anticipate è un gesto di autorità della Cancelliera rispetto a una sezione regionale in Turingia fin troppo ribelle e dimostra anche un notevole coraggio politico. Attualmente i sondaggi non sono molto confortanti per i cristiano-democratici dati intorno al 12 per cento (meno 10 per cento rispetto a ottobre scorso). A trarre vantaggio da nuove elezioni sarebbero l’estrema sinistra (Die Linke), che otterrebbe il 37 per cento, e l’estrema destra di AfD (24 per cento). Merkel e CDU hanno preferito salvare il proprio profilo, sapendo di andare incontro a una perdita consistente di voti, piuttosto che trovarsi costretti ad astenersi e permettere così l’elezione di un Presidente della Linke. In questo scenario AfD avrebbe avuto gioco facile a presentarsi come l’unica forza autenticamente conservatrice.
Il ricorso a elezioni anticipate è il modo migliore per tornare a fare chiarezza in una situazione politica fin troppo confusa in cui in troppi, dal Presidente uscente Bodo Ramelow fino al dimissionario Thomas Kemmerich, dal gruppo parlamentare della CDU-Turingia fino alla destra di AfD, hanno fatto male i propri conti, agendo esclusivamente per tornaconto personale.
Se la strategia dell’esclusione dell’estremismo di destra sia politicamente sostenibile nel lungo periodo non dipenderà solo dalla cancelliera ma da una classe dirigente responsabile.
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