Il bonus Donna


Nella serie The Crown si incontrano per la prima volta, in udienza privata, le due donne più potenti degli anni Settanta: Margaret Thatcher ed Elisabetta II. La Regina è orgogliosa della sua capacità di predire (e indovinare) la composizione dei governi e anche in questo caso ci tiene a comunicare al primo ministro appena eletto il suo pronostico. Poche battute bastano a inquadrare il rapporto tra le due. 

La Regina: Presumo niente donne. 

Il Primo ministro: Donne? Sicuramente no! Non solo perché non ci sono candidate valide. Trovo che le donne non siano adatte a ricoprire alte cariche, diventano troppo emotive

Dubito che avrà questo problema con me, risponde Elisabetta II.

Che questo dialogo sia avvenuto realmente o meno poco importa. Elisabetta II e Margaret Thatcher raccontano in poche battute una situazione archetipica, in cui le donne non sono solo vittime ma spesso anche carnefici, un problema, tra l’altro, che difficilmente si potrebbe chiamare nazionale.
Un articolo comparso sul settimanale Die Zeit ha riproposto la questione della discriminazione di genere nella politica tedesca, partendo da alcuni recenti episodi della politica interna, tanto più significativi quanto per il fatto di venire dal Paese di Angela Merkel, la donna più potente del pianeta.

Donne sacrificali 
Si tratta di episodi sicuramente sconosciuti al grande pubblico, ma che possono essere considerati casi-studio di una condizione che rimane ancora critica, ovvero quella delle donne al potere.
Primo caso: Linda Teuteberg, 39 anni, eletta segretaria generale della FDP (il partito liberale) nel 2019, è stata sostituita perché ritenuta incapace di ricoprire il ruolo. Christian Lindner, presidente del partito, l’ha liquidata così al congresso: io e Teuteberg abbiamo iniziato la giornata insieme circa 300 volte. Pausa ad effetto. Sogghigno compiaciuto. Timide risatine, mormorii in sala. Naturalmente si tratta di incontri di lavoro. Ahahah… che bella battuta.
Secondo caso: Il 16 gennaio 2021 la CDU (il partito di Angela Merkel per intenderci) dovrà eleggere il nuovo presidente, ovvero il nuovo (possibile) prossimo cancelliere. Ebbene difficilmente sarà una donna, perché i delegati hanno la possibilità di scegliere solo tra tre uomini.
E arriviamo così al terzo caso, sempre dalla CDU, un partito che grazie alla presenza della Cancelliera, conta molte elettrici. Cosa fare per fidelizzarle, una volta che Angela Merkel lascerà il Cancellierato? Norbert Röttgen, candidato alla Presidenza del partito, pensa a Ellen Demuth, deputato del Parlamento della Renania-Palatinato. Röttgen nel 2019 annuncia che sarà lei la Segretaria Generale del partito nel caso dovesse essere eletto alla guida della CDU. Improvvisamente però, a causa (a quanto pare) della pandemia, Röttgen decide di confermare nell’incarico Paul Ziemiak, l’attuale Segretario Generale. Ellen Demuth (omen nomen: il cognome Demuth significa umiltà) dovrebbe diventare, invece coordinatrice di un gruppo, che dovrebbe lavorare a una sorta di modernizzazione del partito (per quel che questo vorrà dire).
Quarto caso. La stessa Ellen Demuth può essere presa come paradigma di molte donne in qualche modo designate a ricoprire dei ruoli politici: 38 anni (dunque giovane), membro del Parlamento della Renania-Palatinato (dunque con un qualche incarico politico), ma sconosciuta a Berlino, lontana dai veri centri del potere e dal giro che conta.
Quinto caso: Nel 2014 la quasi sconosciuta Yasmin Fahimi fu eletta Segretaria generale della SPD. La Fahimi godeva di quello che fu definito: »Frauen-, Migranten- und Niedersachsenbonus«, ovvero il bonus Donna, Migrante e della Germania Est. Un bonus che, al di là dei meriti politici, garantisce immediata visibilità e una facile patente di progressismo. Purtroppo Fahimi e Sigmar Gabriel (presidente del partito di allora) avevano posizioni diverse su molte questioni controverse. La direzione lasciò trapelare che Fahimi veniva considerata una cattiva scelta, dopo tutto. Dopo circa due anni, ha perso l’incarico.
Sesto caso, sempre nella SPD. Chi si ricorda di Klara Geywitz, la donna che sarebbe dovuta diventare co-presidente della SPD insieme a Olaf Scholz, attuale Ministro delle finanze? Fino a poco più di un anno fa era presentata come un vero talento politico. Dopo che il tandem Geywitz-Scholz fu sconfitto nella corsa alla guida del partito, i due sono tornati a svolgere i loro compiti. La prima a fare il deputato regionale nel Parlamento del Brandeburgo, il secondo il Ministro. Con una differenza. Geywitz è sparita dal dibattito politico, Scholz è stato premiato con la candidatura alla carica di Cancelliere per la SPD. 

Donne e potere
Questi casi (a cui se ne potrebbero aggiungere altri) pongono una questione fondamentale che sempre accompagna la presenza delle donne nei luoghi di potere, la loro selezione nella classe dirigente: essere donne non deve essere un bonus. E’ unicamente la capacità di svolgere un determinato incarico che deve essere valutata.
Giustissimo. Ma perché questa patente di efficienza non viene richiesta con altrettanto rigore anche agli uomini? Tanto per rimanere nell’ambito della politica, quanti nostri rappresentanti in parlamento sono chiaramente non all’altezza del ruolo che ricoprono? Eppure nessuno e nessuna mette in dubbio il loro diritto di sedere in parlamento, di essere segretario di partito, di coordinare commissioni, di prendere una qualunque decisione.
Perché solo le donne devono dimostrare di essere le migliori? E perché se non lo sono o sono ritenute non all’altezza, si devono dimettere?
Dopo aver vinto tante dure battaglie per la parità e il giusto riconoscimento dei propri diritti (e doveri) si è scoperto che le donne sono sì uguali davanti alla legge, ma non davanti agli uomini. Se la politica è una scacchiera, sono gli uomini che hanno inventato le regole per giocarci. E per stare in gioco occorre conoscere bene quelle regole e saperle applicare. Una di queste, per esempio, impone l’uso della donna come bonus ‘visibilità progressista’, perché nessuno al giorno d’oggi vuole essere accusato di sessismo.

... Gedöns?
Un ultimo caso, che tocca incidentalmente la Cancelliera Merkel. In occasione di un dibattito Treffpunkt Freizeit, tra tre uomini siede sul palco anche Linda Teuteberg (silurata perché dichiarata incompetente), per parlare del trentesimo anniversario della riunificazione tedesca. Giovane donna dell’Est, nata nel 1981, formatasi professionalmente dopo la caduta del Muro di Berlino, Teuteberg, alla domanda Cosa significa Ostdeutsch risponde di non essere d’accordo con la categoria Ostdeutsch perché è stata coniata solo dopo la riunificazione. Per questo modo di non rispondere alla domanda Linda Teuteberg viene criticata. Con lei discutono Lothar de Maizière, 80 anni, l’ultimo primo ministro della DDR e Richard Schröder, 77 anni, rappresentante della SPD nelle prime elezioni libere della DDR. De Maizière commenta l’avvento di Angela Merkel al potere, ricordando che Helmut Kohl (mentore della Cancelliera) aveva intenzione di affidare a una donna della Germania Est un incarico minore e con questo prendere tre piccioni con una fava: occupare una posizione di poco prestigio (che quindi nessuno avrebbe voluto), dare un incarico a una donna (apparire dunque progressista), valorizzare la classe dirigente della Germania dell’Est (avviare una politica di distensione.) Per questo Angela Merkel, secondo de Maizière, avrebbe iniziato la sua carriera politica come Ministra delle Donne e altre cose, Ministerin der Frauen und das Gödens. L’espressione tedesca Gedöns, di origine medievale, fu usata da Gerhard Schröder nel 1998 il quale voleva una ministra per il ministero della famiglia, anziani, donne e giovani. Durante il congresso della SPD si rivolse a Christine Bergmann dicendo: tu avrai il ministero Familie und das andere Gedöns. L’intento ironico teso a sottovalutare un ministero che si occupa di donne e famiglia è evidente (ma questa è un’altra storia ancora che racconteremo). Poi de Maizière prosegue, come se niente fosse: Non avrei mai creduto che Angela Merkel avesse l’assertività necessaria. L’ha imparato da Helmut Kohl. Dopotutto, ha in sé tratti da ammazza-uomini.
Che l’ascesa al potere e la longevità (in senso politico) di Angela Merkel abbia sorpreso molti, non è certo una novità. Ma la dichiarazione pubblica di de Maizière riassume bene tre potenti cliché a cui, ancora oggi, una donna che fa politica (in qualsiasi struttura di potere) difficilmente sfugge: la donna che arriva in cima solo perché è una donna. La donna che impara da un mentore. La donna che azzanna i suoi avversari senza emozioni.


Disparità di genere
In Germania c’è un dato di fatto incontrovertibile: dei sedici Ministri-Presidenti dei Länder solo due sono donne. La percentuale di donne nei parlamenti regionali si attesta intorno al 30%. Ben il 91% dei sindaci tedeschi sono uomini. Le donne nel Bundestag continuano a diminuire (ved. foto). E in tutti i partiti tedeschi gli uomini superano di gran lunga le donne. In partiti come la FDP e la Linke la percentuale di donne è addirittura diminuita rispetto agli anni Novanta. Ci deve essere perciò qualcosa che tiene lontane le donne dalla politica, qualcosa che tra l’altro non può essere raccontata pubblicamente. 
Si tratta di un fenomeno che  Wiebke Ankersen, Direttrice esecutiva della Fondazione Allbright, ha chiamato Thomas-Kreislauf (il circolo di Thomas). Secondo Ankersen, da decenni le aziende tedesche reclutano i membri dei consigli di amministrazione secondo lo stesso schema: i membri sono prevalentemente scienziati maschi della Germania occidentale a metà dei cinquant'anni - e un numero particolarmente elevato di loro si chiama Thomas.
Detto altrimenti: tendiamo inconsciamente a giudicare competenti soprattutto coloro che ci somigliano e a incoraggiarli nei modi in cui noi stessi vorremmo essere incoraggiati. Fenomeno semplice e, se vogliamo, anche efficace. Come dimostra il caso Thatcher-Elisabetta II, le donne che sarebbero nella posizione di promuovere e appoggiare altre donne, non lo fanno perché sono anche coloro che ce l’hanno fatta senza l’aiuto di altre donne. Replicano il loro modello. Sono donne che hanno dovuto stringere i denti per superare grandi difficoltà, spesso da sole o controcorrente, e per questo, inconsapevolmente, si aspettano altrettanto dalle altre donne. In altre parole sono le stesse donne e non gli uomini che perpetuerebbero uno schema che esclude le pari opportunità. Non c’è stata, sino ad ora, nessuna Angela che ha aiutato Angela Merkel, ma solo un Helmut, sebbene la Cancelliera abbia indubbiamente cercato di rompere il Circolo-Thomas.
La strada per una reale parità, tuttavia, è ancora lunga.

Alessandra Beccarisi

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