Crisi greca: Il ritorno dell'egemonia tedesca in Europa?

È un vizio nazionale tedesco quello di  analizzare le cose con un tale zelo che le cose stesse, alla fine, perdono la loro realtà.” La pensava così Ernst Jünger, un tedesco che conosceva bene le caratteristiche spirituali dei propri connazionali. Leggendo le cronache e i commenti su numerosi giornali internazionali la Germania di oggi è indubbiamente vittima del proprio zelo. L’acribia con cui avrebbe imposto la propria linea alla Grecia avrebbe fatto perdere di vista la realtà di cui parlava Jünger, oggi rappresentata dalla salvaguardia dei valori del progetto europeo. 

Molti commentatori si sono sbilanciati nel facile e banale paragone con la Germania nazista come se la Repubblica Federale di oggi fosse quella degli anni trenta, come se i tedeschi portassero nei loro geni il marchio hitleriano. La tesi è semplice: la Germania prova a realizzare con l’Euro ciò che non gli è riuscito due volte con i carri armati. Una tesi assurda e storicamente scorretta perché la storia della Germania, dal secondo dopoguerra in poi, è un lungo cammino di avvicinamento all'Europa e inserimento nella organizzazioni internazionali. La stessa accelerazione del processo di introduzione dell’Euro, diversamente da come viene oggi raccontato da certa pubblicistica che parla di Euro-marco, nasce come un progetto di contenimento della Germania che, riunificata dall’ottobre del 1990, era diventata il paese più grande e popoloso in Europa. La nascita dell’euro fu il pegno che la Germania dovette pagare in cambio dell’appoggio di Francia, Italia e Gran Bretagna per la riunificazione. Il paradosso è che se i governi tedeschi nei primi anni Duemila hanno compreso le potenzialità della moneta unica per sfruttare al meglio le proprie potenzialità economiche, altri Paesi, come l’Italia e la Spagna (e in parte anche la Francia), non hanno sfruttato la moneta unica per ridurre il proprio debito pubblico.

Venendo ai fatti di questi giorni, tra le tante colpe che avrebbe la Germania c'è quella di aver punito il governo greco che con Tsipras e Varoufakis aveva provato a ribellarsi alle politiche imposte dalle Istituzioni europee. In realtà la questione è mal posta perché dopo che la Grecia all’inizio del 2015 era sulla strada della ripresa, sei mesi dopo, con la finta trattativa che il governo di Syriza aveva iniziato e che si era conclusa con un referendum ridicolo indetto in appena una settimana e su una versione del memorandum che nessuno conosceva, la situazione economica greca era notevolmente peggiorata. Inoltre, come ha giustamente ricordato la Cancelliera Merkel, si era persa la fiducia, la più importante delle monete. 

Va poi sottolineato che questa posizione rigida non era assolutamente imposta dalla Germania al resto d’Europa. Come ha detto il Ministro dell’Economia italiano Padoan, “che la posizione tedesca fosse rigida lo sapevamo. Quello che forse mi ha sorpreso è di vedere quanto ampio fosse lo schieramento di Paesi che condividevano quella linea. Erano quasi tutti contrari a un nuovo programma. Alla fine solo noi, i francesi e la piccola Cipro eravamo per un compromesso. Questo forse non lo si è capito bene” (Il Sole 24 Ore, 14 luglio 2015). In altre parole la versione secondo cui la Germania avrebbe umiliato la Grecia si rivela essere una favola. La verità è che il governo greco, dopo sei mesi di provocazioni culminate con il “capolavoro” del referendum, aveva fatto perdere la pazienza a tutti i governi europei. La Germania, semmai, ha interpretato il comune sentire delle Cancellerie europee. Se si tratti di egemonia, la dobbiamo intendere in senso gramsciano. Il potere e l'influenza tedesche in Europa si basano, infatti, sulla contemporanea presenza di forza e consenso, in cui, però, è quest'ultimo a prevalere. La Germania esercita la propria forza tramite il consenso, grazie alla capacità di guadagnare con la persuasione l'adesione ad un progetto politico. Non è un mistero, del resto, l'abilità di Merkel e Schäuble di saper creare una rete internazionale di contatti e relazioni di primissimo ordine.
Il governo greco aveva trasformato la trattativa in un scontro ideologico tra due culture politiche antitetiche. Dando lezioni di democrazia (nel caso di Tsirpas) e di economia (nel caso di Varoufakis), pensavano di avere la meglio. Pensavano che i governi europei si sarebbero “spaventati” e che, alla fine, avrebbero ceduto. Pensavano di dividere gli altri stati membri. Così non è stato. Tsipras non ha fatto i conti soprattutto con un politico di razza come Angela Merkel, che non ha ceduto di un millimetro nemmeno davanti all’improvviso annuncio del referendum. La Cancelliera non ha avuto paura e pur fortemente in difficoltà nel tenere unito il suo partito, ha giocato le sue carte. Alla fine dello scontro ideologico Tsipras ne è uscito doppiamente sconfitto. Ha perso il suo ministro delle finanze e ha dovuto sottoscrivere un accordo più duro di quello di fine giugno. Insomma, l’errore di Tsipras è stato quello di aver dissipato la credibilità che aveva conquistato con la vittoria delle elezioni e la fiducia che nelle fasi iniziali della trattativa la Cancelliera Merkel aveva riposto nel Premier greco. Ricordo infatti che a febbraio fu proprio l’intervento della Merkel a garantire a Tsipras il prolungamento degli aiuti fino al 30 giugno. Aver trasformato la trattativa in un vero e proprio scontro ideologico è stato fatale per il leader greco
L’importante, in ogni caso, è aver evitato la tanto temuta Grexit che dal punto di vista della tenuta della moneta unica poteva avere effetti imprevedibili e dal punto di vista geopolitico poteva risultare estremamente problematico in un contesto geografico sotto pressione sia per il terrorismo sia per i flussi migratori
Oggi i leader europei, dando ancora una chance alla Grecia (pur a condizioni durissime), hanno dimostrato molta lungimiranza nell’analisi geopolitica. La Francia (e l’Italia) questa volta non hanno commesso l’errore fatto con la guerra in Libia (che la Germania non voleva - tanto da non parteciparvi) e che è all’origine del recente aggravarsi dell’instabilità nel Bacino del Mediterraneo. La Grecia resta un tassello fondamentale nello scacchiere internazionale. Si fosse trovata in un posizione geografica diversa, sarebbe stata già "cacciata" dall'Eurozona da tempo.
La crisi che l’Europa vive da circa sei anni è la dimostrazione di quanto fosse precario il progetto di Kohl e Mitterrand. L’Europa dei padri si è rivelata più fragile del previsto. Un’Europa con una moneta unica, ma senza un potere politico forte non ha funzionato e non funzionerà mai. C’è da costruire l’Europa del futuro che sarà diversa da quella che abbiamo vissuto fino ad ora. Francia e Germania hanno già presentato un documento per il rafforzamento dell’unione politica. Non si tratta di un progetto perfetto in quanto, se applicato, lascerebbe ancora molto potere ai governi nazionali tramite il Consiglio Europeo, ma è comunque un primo passo verso la riforma dell’Unione. Nel frattempo è giusto difendere e consolidare l’Europa di oggi che, purtroppo, è fondata solo su parametri economici. In questo senso, per la Germania, giocare la parte del cattivo ufficiale che sensibilizza alla disciplina di bilancio e al rispetto delle regole è estremamente responsabile (anche se molto impopolare). 

La Repubblica Federale Tedesca gioca, oggi, la partita più importante e difficile dalla riunificazione. Non può evidentemente essere la nuova Svizzera, deve arginare le forti tendenze all’isolazionismo presenti nella società tedesche e, infine, avere il ruolo da protagonista che le compete. Deve esercitare il ruolo di potenza di centro (come viene definita dagli storici). Si tratta di un compito estremamente difficile in un fase in cui il sentimento antitedesco in Europa è diffusissimo e crescente (soprattutto nel Sud Europa). È su questo fenomeno che la classe dirigente tedesca dovrebbe riflettere maggiormente e, purtroppo, dispiace constatare che non è assolutamente un tema di riflessione. La Repubblica Federale sembra quasi godere nell’essere una fortezza felice sotto attacco ma, al contempo, inespugnabile.  
twitter@uvillanilubelli


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