La crisi della sinistra tedesca

Il quartier generale della SPD a Berlino,
La Willy-Brandt-Haus
"I socialdemocratici sono i grandi traditori della Germania". Me lo dice in un ristorante di Prenzlauerberg un ragazzo tedesco cresciuto a Berlino Est in una famiglia socialista. La crisi del Partito Socialdemocratico tedesco (Spd) è riassunta in quella lapidaria e incisiva frase. Eppure per capire di cosa si sta parlando qualche numero è indispensabile. 
La Spd ha perso le ultime tre elezioni politiche ed è scesa dal 34,2 per cento del 2005 al 25,7 del 2013, toccando il minimo storico nel 2005 con il 23,5. Attualmente i sondaggi danno i socialdemocratici al 24-25 per cento, circa 15 punti di percentuale dietro l'Unione (CDU/CSU). Anche gli iscritti si sono drasticamente ridotti, nel 1990 erano 943 mila, nel 2000 735 mila, nel 2005 590 mila e 2015 sono scesi a 459 mila. I numeri della crisi dei socialdemocratici tedeschi sono impietosi. 
Una crisi lunga e profonda che non dipende solo dall'attuale classe dirigente del partito. Qualche dato positivo arriva, tuttavia, dalle elezioni regionali. La Spd governa con un proprio presidente in ben 9 dei 16 Länder tedeschi, un merito che andrebbe riconosciuto al presidente del partito e vice-cancelliere Sigmar Gabriel. Nel momento in cui prese la guida dei socialdemocratici erano appena cinque i Länder con un presidente socialdemocratico.
La Spd ha comunque ben poco di cui rallegrarsi. La situazione è diventata ancora più complicata con la crisi greca in cui la posizione del governo tedesco è stata monopolizzata da Wolfgang Schäuble (CDU) e dall'idea del Grexit a tempo, liquidata da Gabriel come iniziativa personale del Ministro. Per i socialdemocratici non c'è stato alcuno spazio di manovra con la conseguenza che buona parte dell'elettorato progressista, tendenzialmente meno intransigente nei confronti della Grecia, si è ritrovato ancora una volta non rappresentato da una governo in cui la Spd ha ben sette ministri. 
Ora, la spiegazione più facile ed immediata della crisi della Spd è che sia tutto colpa di Angela Merkel e delle grandi coalizioni a cui la Spd è stata "costretta" per responsabilità politica nel 2005 e nel 2013. Ora, se è vero che da junior partner, per un grande partito di massa come dovrebbe essere la Spd, è difficile poter incidere nell'attività di governo senza scontentare, a seconda delle posizioni, le fazioni più estreme o moderate, è pur vero che negli anni (dal 2009 al 2013) in cui i socialdemocratici sono stati all'opposizione di un governo di centro-destra (cristiano democratici, sociali e liberali) il risultato non è cambiato. La Spd non è andata oltre il deludente risultato delle elezioni politiche del 2013. 
Anche l'introduzione del salario minino generalizzato dal 1 gennaio 2015, cavallo di battaglia dei socialdemocratici, non è servito a rilanciare il partito. Del resto già il precedente governo Merkel l'aveva previsto per determinate categorie. A poco sono servite anche le iniziative dei socialdemocratici per frenare il prezzo degli affitti e la riforma delle pensioni.
Il risultato paradossale di questa debolezza cronica della sinistra tedesca è che Torsten Albig (Spd), il Presidente del Land più a nord della Germania, lo Schleswig-Holstein, ha animato il soporifero dibattito tedesco estivo con un proposta shock: la Spd può rinunciare ad una sua candidatura per il cancellierato alle prossime elezioni politiche del 2017. Secondo Albig la Cancelliera Merkel fa il suo lavoro molto bene ed è inutile una candidatura di Sigmar Gabriel al Cancellierato. Una provocazione, forse, finalizzata a dare una scossa al partito. In ogni caso Albig ha dato voce ai tanti militanti frustrati da un partito che ha perso i fasti di un tempo e che non sembra dare alcuna speranza di poter vincere le prossime elezioni politiche. C'è un abisso tra come il partito si vede e si propone agli elettori e ciò che esso è veramente. 
In questa situazione è impossibile non pensare alle parole più volte dette da Gregor Gysi, il leader della Linke: Senza di noi l'Spd non potrà mai riconquistare il CancellieratoEsattamente alla Linke è legata la crisi della Spd che inizia con la famosa Agenda 2010: un pacchetto consistente di riforme che se, da una parte, ha permesso alla Germania di tornare competitiva e di snellire il proprio stato sociale, dall'altra parte, è stato percepito da buona parte dell'elettorato socialdemocratico come una inaccettabile deriva liberista. Il paradosso è che il dividendo elettorale di quelle riforme è oggi tutto a favore di Angela Merkel
Il prezzo politico dell'Agenda 2010 è stato altissimo. Da allora la Linke è un partito del 10 per cento con il quale ci si potrebbe anche alleare ma per farlo i socialdemocratici dovrebbero cambiare linea politica, in economia come in politica estera. E con l'addio di Gregor Gysi dalla guida della Linke, la possibile alleanza per il 2017, a cui Gabriel lavorava da tempo, si è ulteriormente complicata.
Come ha ricordato la Zeit oggi in edicola, la Germania ha bisogno che la Spd possa tornare a essere un'alternativa ad Angela Merkel e alla CDU, altrimenti ci sarebbe un pericoloso processo di depoliticizzazione della politica tedesca. 
twitter@uvillanilubelli


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