La guerra dell'Euro in Germania

Uno spettro si aggira per l’Europa: il ritorno del Marco tedesco. Se in gran parte del Vecchio Continente cresce il malessere nei confronti della politica di austerità imposta dalla Germania di Angela Merkel, proprio a Berlino l’euroscetticismo si diffonde come la peste. A dire il vero non è un fenomeno del tutto nuovo. È da qualche anno che acquistano sempre maggiore visibilità le posizioni contrarie alla moneta unica. 

Già nel lontano 1998 fu il milionario Bolko Hoffman a fondare un partito a favore del Marco tedesco e alle elezioni ottenne un misero 0,99 per cento. Più di recente hanno avuto successo i Freie Wähler, che hanno raggiunto un largo consenso soprattutto in Baviera. Anche a livello pubblicistico non sono mancate voci euroscettiche come quella di Thilo Sarrazin, autore di un feroce libro contro l’Euro, o dell’economista Joachim Starbatty autore di un manifesto anti-euro che abbiamo recensito nei giorni scorsi. L’ultima frontiera dell’euroscetticismo tedesco è rappresentata dal partito Alternativa per la Germania capeggiato tra gli altri dal professore universitario Bernd Lucke e dal già citato Starbatty. Alternativa per la Germania vuole che farla finita con l’Euro attuale, ma ancora non è chiaro dove si vuole arrivare. Gli euroscettici tedeschi da una parte sostengono di voler far uscire dalla moneta unica i Paesi fortemente indebitati (o magari creare un Euro forte del Nord e uno debole del Sud Europa), ma dall’altra non si esclude un ritorno al Marco tedesco.
Oltre a queste voci c’è poi da aggiungere quella della Bundesbank guidata attualmente dall’ex consigliere economico di Angela Merkel ed oggi acerrimo “nemico” di Mario Draghi. Lo scontro Bundesbank-BCE non è un conflitto da tenere in poca considerazione se è vero che per i tedeschi la Bundesbank è l’istituzione più rispettata in Germania tanto che Jacques Delors disse che “non tutti i tedeschi credono in Dio, ma tutti certamente credono nella Bundesbank”. Un ulteriore stadio della strisciante e permanente guerra dell’Euro in Europa è rappresentata dall’audizione di oggi e domani davanti alla Corte Costituzionale Tedesca sulla decisione della BCE di acquistare illimitatamente titoli di stato dei Paesi indebitati nel mercato secondario (Omt, Outright Monetary Transactions). Ancora una volta la Corte di Karlsruhe è chiamata a esprimersi sulla politica monetaria della BCE – ricordiamo che lo scorso settembre si pronunciò sull’ESM. In realtà, la sentenza è attesa alla fine dell’anno, probabilmente in autunno, ma già dalle audizioni si potrebbe intuire quale sarà la decisione finale. A sfidarsi ci saranno da una parte Jens Weidmann (Bundesbank) e dall’altra un altro tedesco, Jörg Asmussen, membro tedesco del Board della BCE. Come si legge sullo Spiegel in edicola, i due si conoscono dai tempi dell’università e hanno promesso che non faranno polemiche politiche, ma si concentreranno sulle questioni tecniche. In questa sfida tutta tedesca, come ricorda la Zeit, la BCE si gioca gran parte della sua credibilità e l’Europa una buona parte del suo futuro. Nei giorni scorsi, alcune indiscrezioni della Frankfurter Allgemeine Zeitung (successivamente smentite) lasciavano intendere che la BCE volesse annunciare un acquisto solo limitato dei titoli di stato. La partita si gioca anche a livello di pressioni psicologiche e mediatiche.
Ma la guerra dell’Euro, proprio nelle ultime ore, si è estesa anche su altri fronti. La “pacificazione” tra Roma e Berlino sembra proprio non voler arrivare e così, con il solito tempismo, Silvio Berlusconi ha invitato il Premier Letta ad ingaggiare un braccio di ferro con Angela Merkel, il capogruppo del PDL al Senato, Renato Schifani, in un’intervista al Corriere della Sera ha parlato dell’Europa come di una gabbia ed entrambi hanno attaccato, comme d’habitude, il più facile e scontato dei bersagli: la politica di austerità.
Ma proprio a Berlino il fronte europeista è comunque molto forte. Prima di tutto c’è la linea governativa, rappresentata da Angela Merkel e Wolfgang Schäuble, entrambi, pur con tutte le loro oscillazioni e contraddizioni, sono europeisti convinti. Se Schäuble è cresciuto politicamente con i valore più autentici dell’Europa Unita, Angela Merkel rappresenta un europeismo più di maniera, quasi di necessità, ma non meno convinto. Del resto, Merkel è cresciuta nell’ex Germania comunista e non ha vissuto le varie fasi della nascita dell’Unione Europea. Naturalmente anche Socialdemocratici e Verdi non mettono in discussione la moneta unica. In realtà è difficile notare delle vere e proprie differenze sostanziali tra maggioranza e opposizione rispetto alla crisi dell’Euro.
Tra gli europeisti si devono considerare anche Peter Bofinger e Lars Feld, entrambi nel consiglio dei saggi del governo tedesco. Il primo si è più volte speso per difendere l’Euro, affermando che l’abolizione della moneta unica avrebbe conseguenze catastrofiche, il secondo, pur affermando che la Germania non può pagare i debiti di mezza Europa, si è sempre dimostrato ottimista sul futuro del Vecchio Continente. Anche Holger Schmieding, capo economico della Berenberg Bank, la più antica banca privata tedesca, è un convinto sostenitore dell’Euro: i vantaggi per la Germania sono superiori agli svantaggi. Naturalmente si potrebbero ricordare anche molti altri nomi, del resto la questione dell’Euro è uno degli argomenti più dibattuti a Berlino ed è un tema centrale della campagna elettorale imminente. L’appuntamento con le elezioni federali è per il prossimo 22 settembre.  Ma a prescindere da chi governerà a Berlino a partire dal prossimo autunno, è illusorio aspettarsi clamorosi dietrofront da parte del governo federale. Il rispetto dei patti, il mantenimento dei conti in ordine, la necessità di procedere con le riforme economiche e sociali e la riforma politica dell’Unione Europea resteranno le principali richieste tedesche al resto d’Europa. Per l’Italia, come per gli altri Paesi indebitati, l’unico modo di confrontarsi alla pari con la Germania è quello di rendersi credibili. Per l’Italia l’imperativo categorico resta e resterà il raggiungimento della stabilità politica e la riduzione del debito.
 

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