Germania, SPD dice SI alla Grande Coalizione. Ma il partito è spaccato

Disco verde per la Grande Coalizione. Degli oltre seicento delegati al congresso straordinario del Partito Socialdemocratico tedesco appena il 56.4 per cento (362) ha votato a favore dell'avvio di ufficiali trattative per la formazione di un governo di Grande Coalizione con i cristiano democratici e sociali. Ben 279 i contrari, un solo astenuto. Una maggioranza molto ristretta che, tuttavia, non permette a Schulz di poter festeggiare e che testimonia, in realtà, la difficoltà di un partito profondamente diviso al suo interno e che sembra non riuscire a liberarsi dalla camicia di forza della Grande Colazione. Sarà infatti la terza negli ultimi dodici anni. E sempre con Angela Merkel.
Il partito veniva da una settimana di intense discussioni politiche a livello mediatico e nelle sezioni regionali. Con, da una parte, la dirigenza del partito (sostenuta da alcuni grandi vecchi tra cui Franz Müntefering e Erhard Eppler, l'unico ministro vivente della prima Grande Coalizione della storia della Germania nel 1966) compatta a difendere l'accordo siglato con la CDU e la CSU e, dall'altra, alcune sezioni regionali del partito e l'organizzazione giovanile della SPD, i cosiddetti Jusos, particolarmente agguerriti nel contestare la nuova Grande Coalizione sulla base non solo dell'insoddisfazione dei contenuti sulla politica migratoria e sul mercato del lavoro ma anche perché si ritiene che dopo due grandi Coalizioni (2005-2009 e 2013-2017) non c'è più nulla su cui Unione e SPD possano continuare a collaborare.
Martin Schulz è intervenuto all'inizio del congresso e in chiusura, prima della votazione finale, sottolineando come la votazione rappresentasse un momento storico per il Partito Socialdemocratico tedesco. Ha tenuto due discorsi appassionati, eppure accolti con relativa freddezza dai delegati. Ha difeso la sua scelta di sostenere una Grande Coalizione, sebbene proprio il leader dei socialdemocratici si fosse opposto in precedenza. Ma dopo il fallimento delle consultazione per la formazione di un governo Jamaika tra conservatori, liberali e Verdi, il contesto politico, secondo Schulz, è radicalmente cambiato e sono stati messi in pericolo l'equilibrio e la stabilità della Germania. "Abbiamo accolto l'appello del Presidente della Repubblica Steinmeier (SPD) di aprire un dialogo con la CDU e la CSU", ha detto Schulz. Del resto, proprio il Presidente Steinmeier è stato uno dei principali (e silenziosi) protagonisti dell'accordo. Martin Schulz ha giustamente sottolineato come la sfida per i socialdemocratici tedeschi oggi riguardi anche la difesa delle istituzioni democratiche tedesche ed europee dall'ascesa del nazionalismo dell'estrema destra. Con un pizzico di orgoglio Schulz ha anche rivelato di aver ricevuto una chiamata dal Presidente francese Emmanuel Macron nella giornata di ieri.
Martin Schulz ha così difeso con veemenza il documento finale delle consultazioni con la CDU e la CSU ed in particolare ha citato alcune conclusioni del congresso della SPD del dicembre scorso che hanno trovato un riscontro concreto nel documento concordato con Angela Merkel e Horst Seehofer. Infine, Schulz ha riconosciuto che non è facile per nessuno, nel partito, entrare a fare parte dell'ennesima Grande Coalizione. Nessuno voleva continuare a governare con Angela Merkel, ma Schulz ha scaricato l'intera responsabilità del nuovo contesto politico su chi ha fatto fallire il governo Jamaika. Ha altresì avvisato il proprio partito, rivolgendosi a tutti gli oppositori della Grande Coalizione che hanno sostenuto che per la Germania sarebbe meglio un governo di minoranza, che quest'ultima opzione non è realistica. La scelta è (e resta) tra Grande coalizione e nuove elezioni. Con tutte le conseguenze del caso per la Repubblica Federale nel suo complesso e per la stessa SPD: dal rischio di una sostanziale conferma del risultato del 24 settembre scorso (i sondaggi non indicano nessun radicale spostamento di voti) fino all'ulteriore ascesa dell'estrema destra e dei liberali tedeschi nella nuova versione neo-nazionalista.
Il percorso prevede ora l'inizio delle trattative per la formazione del governo sulla base del documento concordato il 12 gennaio scorso, alla fine delle quali ci sarà un ulteriore voto degli iscritti della SPD (e non dei delegati) che dovrà approvare definitivamente il contratto di coalizione che verrà sottoscritto da SPD, CDU e CSU. Un voto che si prospetta altrettanto difficile per Schulz, considerata la stretta maggiorana ottenuta oggi al congresso di Bonn. Per poter avere l'appoggio degli iscritti dovrà ottenere molto di più di quanto non sia riuscito a raggiungere nelle consultazioni esplorative.
Un processo complesso e non privo di ostacoli ma che ha il vantaggio di riconciliare con la politica e con i processi democratici.

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