La crisi della SPD

Le elezioni regionali in Nord Reno Vestfalia sono state uno shock per il Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD). Non tanto perché si tratta di una regione tradizionalmente vicina alla SPD (ricordo, infatti, che dal 2005 al 2010 è stata governata dalla CDU), non tanto perché Martin Schulz si è speso in prima persona e Hannelore Kraft, presidente socialdemocratico uscente, è stata a lungo considerata un astro nascente della sinistra tedesca. Il vero shock per i socialdemocratici tedeschi è che la sconfitta nel Nord Reno Vestfalia elimina tutti gli alibi alla crisi di lungo corso della SPD. 

Il recente Schulzeffekt (con sondaggi eccessivamente favorevoli al neo-leader dei socialdemocratici) aveva messo sotto il tappeto tutte le contraddizioni della sinistra tedesca nell’illusione che le sconfitte elettorali fossero dovute ad un crisi di leadership, invece che di programmi. Del resto, a Steinmeier si rimproverava, nel 2009, di non essere in fondo troppo diverso da Angela Merkel, a Steinbrück di essere poco di sinistra, a Gabriel di essere troppo compromesso con la CDU, avendo portato il partito alla seconda Grande Coalizione. Martin Schulz sarebbe dovuto essere l’uomo nuovo. Essendosi affermato come politico europeo, era considerato lontano dalla politica tedesca e dalle lotte di potere interne al partito. Il 100% con cui era stato eletto alla guida del partito non era segno di forza, ma, purtroppo, solo segno di disperazione di un partito che non sapeva a chi affidarsi per contrastare Angela Merkel. Inoltre, era un modo per non vedere i reali problemi. Del resto, una delle lettura più di moda sulla crisi della SPD si fonda su due convinzioni: la SPD paga l’Agenda 2010 di Schröder e le due Grandi Coalizioni (2005-2009 e 2013-2017). Eppure, bisognerebbe ricordare che anche quando la SPD è stata all’opposizione (dal 2009 al 2013) non ne ha beneficiato dal punto di vista elettorale. Nel 2013 prese appena il 25.7 per cento (contro oltre il 40 della CDU di Merkel). L’altro luogo comune, secondo cui la SPD paga ancora l’Agenda 2010, viene ora smontato dai fatti. Da quando Martin Schulz è stato incoronato candidato alla Cancelleria tedesca, ha messo in discussione le grandi riforme di Schröder ed aveva aperto ad una alleanza con la Linke. Il risultato è miserabile: tre sonore sconfitte in tre diverse elezioni regionali. 
In realtà, ciò che serve alla SPD non è rinnegare il percorso politico intrapreso dalla fine degli anni Novanta, di cui il partito dovrebbe esserne orgoglioso avendo permesso alla Germania di poter superare prima la crisi post-unificazione e poi la grande crisi economico-finanziaria, ma realizzare un nuovo programma politico che prenda in considerazione i nuovi problemi di una società radicalmente diversa rispetto al passato. Senza illudersi che il problema siano le Grandi Coalizioni o l’Agenda 2010.

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