“Sono venuto in Europa perché volevo studiare” la storia di Hozan Ibrahim, rifugiato siriano a Berlino

Due volte in carcere nel 2003 e nel 2008 sotto il regime di Bashar al-Assad in Siria, senza passaporto, e con alle spalle un viaggio in camion lungo la Turchia di oltre otto mesi, Hozan Ibrahim arriva in Europa nel 2011, prima in Svizzera e poi in Germania. La storia di Hozan è quella di un rifugiato curdo-siriano che non vedeva prospettive di vita nel suo paese e che, dopo aver avuto la possibilità di studiare il tedesco in Siria, è riuscito ad arrivare in Europa, in Germania. Ora vive a Berlino da circa tre anni e con il progetto Citizensfor Syria mappa la società civile siriana e la supporta a organizzarsi.
Ho incontrato Hozan nell’ambito di XOff –Conversazioni sul futuro, nell’ambito del quale abbiamo partecipato insieme al dibattito Raccontare il Mediterraneo. In quest’occasione ho avuto modo di confrontarmi con lui.

Nel 2012, insieme a Ferhad Ahma del Syrian National Council, Hozan Ibrahim lanciò un messaggio ai governanti tedeschi: dovete fare qualcosa per stabilizzare la Siria. Al tempo il problema era il regime siriano di Bashar al-Assad, oggi si aggiunto anche l’ISIS. La Siria è un caos e l’Occidente ha le sue responsabilità (pensiamo alla seconda guerra in Iraq). A distanza di tre anni da quell’appello di Hozan Ibrahim e Ferhad Ahma, sembra quasi che le scelte del governo tedesco di sospendere il trattato di Dublino per i siriani e di aprire le porte ai rifugiati, siano la risposta a quel loro appello. “Mi ha sorpreso molto Angela Merkel. È stato un gesto inaspettato perché viene da un leader conservatore e cristiano-democratico. Ma quello che fa la Germania oggi per i rifugiati non è solo per i siriani ma per tutti i rifugiati. Quando noi parliamo di crisi dei rifugiati non parliamo solo di siriani. Questo è importante ricordarlo.” Hozan riconosce poi a Merkel la lungimiranza e il realismo di voler raggiungere un accordo con la Turchia, “senza la quale non si può risolvere la questione siriana”.

In Germania il dibattito pubblico è dominato dai costi che l’accoglienza comporta. Al “ce la faremo”  (Wir schaffen das) di Angela Merkel, i critici rispondono “che sarà molto costoso”. Il problema di quantificare i costi è dipendente ovviamente dal numero dei rifugiati. A settembre i dati ufficiali del Ministero dell’Interno parlavano di 800 000 rifugiati per il 2015. Una cifra che sarà superata considerato il flusso degli ultimi due mesi e che a fine ottobre il numero ufficiale era già arrivato a 758 000. Accogliere e integrare tante persone ha dei costi effettivamente enormi che stando ai calcoli pubblicati dalla Süddeutsche Zeitung (7 novembre 2015) si aggirerà (a secondo del numero effettivo) tra i 6 e i 15 miliardi di euro. Si tratta di calcoli, però, che considerano solo i costi di prima accoglienza e non i costi sociali di tutti coloro che rimarranno in Germania e che non trovando immediatamente lavoro avranno diritto all’assistenza sociale. I costi dunque potrebbero addirittura lievitare. Certo è però che gli stessi rifugiati possono trasformarsi anche in un potenziale economico considerato che, se qualificati, possono rappresentare una risorsa in quanto pagano le tasse. Proprio Hozan Ibrahim, qualificato e istruito, è un esempio di un rifugiato che può essere una grande risorsa economica.
Hozan è in contatto con molti cittadini siriani che vivono in Germania e con associazioni che aiutano i rifugiati nella fase dell’accoglienza e della prima integrazione: “La condizione dei siriani in Germania è difficile – dice Hozan. In generale, come tutti i rifugiati, hanno bisogno di qualsiasi cosa ed inoltre per molti di loro c’è l’ostacolo della lingua. Io sono stato fortunato perché ho avuto la possibilità di studiare il tedesco al Goethe-Institut in Siria ed inoltre conoscevo l’inglese. Volevo venire in Europa a studiare e dopo grandi difficoltà ce l’ho fatta. Per me non è stato così difficile integrarmi, ma non è per tutti così. ”
Hozan vive ormai da tre anni in Germania, a Berlino, dove può godere di un contesto cosmopolita e internazionale. “I tedeschi non sono così duri e severi come si pensa, mi trovo bene.”

Se da una parte ci sono movimenti come Pegida e il partiti come Alternative für Deutschland, che esprimono un sentimento di ostilità nei confronti degli immigrati, la gran parte dei tedeschi sono persone molto aperte e disponibili nei confronti dei stranieri  ed è anche grazie a queste persone che Angela Merkel ha potuto prendere le decisioni di accogliere i rifugiati in Germania.
twitter@uvillanilubelli

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