Chi è Manfred Weber

Un cognome che ricorda il grande filosofo e sociologo tedesco Max Weber e un accento che non lascia alcun dubbio sulla sua provenienza bavareseManfred Weber è il capogruppo del Partito Popolare Europeo che ha smorzato immediatamente gli iniziali entusiasmi per il nuovo corso dell’Europa simbolicamente inaugurato dal discorso di Matteo Renzi a Bruxelles. Il sogno della flessibilità in Europa si è infranto nella risposta teutonica di Manfred Weber: “Le regole ci sono e devono essere rispettate, non ci sono differenze tra stati piccoli e grandi. I debiti non creano il futuro, lo distruggono”. E ancora: “L’Italia ha il 130 per cento del debito pubblico. Dove prende i soldi?” 
Weber ha riportato con i piedi per terra un Renzi che con i cuoi raffinati riferimenti a Telemaco e Dante, era sembrato, forse, un po’ vago. Non è un caso che anche la Süddeutsche Zeitung (vedi foto a lato), un giornale ultimamente molto benevolo con il Premier italiano, in un commento della corrispondente da Bruxelles Cerstin Gammelin, abbia fatto notare come siamo ancora in attesa di vedere realizzate le sue numerose promesse di Renzi: “deve far seguire i fatti alle sue audaci parole altrimenti il sogno italiano di un’Europa migliore può facilmente diventare un incubo europeo.” (SZ, 2 luglio 2014). Il capogruppo popolare Weber sembra dunque aver interpretato un pensiero abbastanza diffuso in Germania, sebbene il battibecco tra il tedesco e l’italiano non abbia trovato grande spazio e visibilità nella stampa teutonica.

Chi è Manfred Weber
Appena tre anni più grande di Matteo Renzi, Manfred Weber viene dalla bavarese CSU, partito gemello (ma più conservatore) della CDU di Angela Merkel. È al suo secondo mandato al Parlamento europeo. È noto per i suoi giudizi eurocritici e a favore del rigore finanziario, ma anche per la netta distanza presa rispetto ai movimenti estremisti e populisti. Già nel 2009 il settimanale tedesco Der Spiegel lo indicava, insieme al barone Karl Theodor zu Guttenberg, come uno degli astri nascenti della CSU. Nel frattempo il barone tedesco, già Ministro del secondo governo Merkel, è uscito di scena per l’accusa di aver copiato numerosi e lunghi passaggi della sua tesi di dottorato, mentre Manfred Weber è ancora tra le personalità più influenti dei cristiano sociali ed è stato eletto capogruppo della partito popolare europeo con 190 voti su 192. Un plebiscito. La sua nomina premia il risultato elettorale dell’Unione di Merkel in Germania, ma è anche un debito pagato dalla Cancelliera ai gemelli dei cristianosociali bavaresi per le numerose concessioni nella politica europea, ma anche nel patto di grande coalizione con i socialdemocratici a Berlino. 

Un messaggio ai cittadini tedeschi
Tornando a Bruxelles, la risposta di Weber a Renzi, seppur dura e netta, ha sorpreso solo chi non segue con attenzione la politica tedesca. Non si è trattato di un attacco ai paesi indebitati dell’Eurozona e alla linea della flessibilità in Europa; l’obiettivo di Weber non era di dare voce all’asse nordeuropeo del rigore, ma di rappresentare il pensiero di molti cittadini tedeschi. Il politico bavarese sapeva che il discorso di Renzi poteva essere sfruttato dagli euroscettici tedeschi di Alternative für Deutschland per attaccare la CSU e il governo di Berlino. In questo modo Weber ha eliminato qualsiasi possibilità di polemica in patria. Del resto, il recente risultato di Alternative für Deutschland (7,1 per cento) alle ultime elezioni europee ha danneggiato principalmente i cristiano sociali bavaresi che hanno perso numerosi voti a favore della truppa antieuro di Bernd Lucke. Un problema non di poco conto per i cristianosociali e democratici che si trovano nella condizione di non dover dare la sensazione di essere lassisti nei confronti dei paesi più indebitati e con maggiori difficoltà di stabilità politica e finanziaria per evitare che Alternative für Deutschland si radichi stabilmente alla destra della CSU. Insomma, Weber ieri ha parlato principalmente all’elettorato tedesco. Si è rivolto ai suoi concittadini preoccupati per i propri risparmi, per la presunta instabilità della moneta unica e per i continui costi della crisi economica per i contribuenti tedeschi. 

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