La Germania dei fantasmi


Nella lunga crisi dell’Euro, il nemico pubblico numero uno è la Germania. Tra diktat imposti al resto d’Europa e successi economici in netta controtendenza rispetto ai cugini europei, la Germania di Angela Merkel è accusata di avere un atteggiamento dominante, di voler imporre il proprio sistema di valori e, secondo i più critici, di voler instaurare un vero e proprio Quarto Reich, questa volta non su basi militari, ma economiche. Si ripropone la solita questione tedesca, l’eterno ritorno di un problema che sembrava messo da parte con la caduta del Muro di Berlino e la riunificazione della Germania, ma che è tornata d’attualità negli ultimi anni. Inaspettatamente. Sì, perché l’Euro fu un progetto di Mitterrand, Thatcher e Andreotti per arginare una Germania che tornava ad essere unita nel cuore dell’Europa. Se Andreotti la buttava sull’ironia («Amo così tanto la Germania da volerne due»), Mitterrand sosteneva che «il Marco tedesco è la bomba atomica della Germania e noi dobbiamo togliere alla Germania la sua bomba atomica economica».

Una famosa vignetta nei mesi tra la caduta del Muro e la riunificazione tedesca raffigura un gigantesco e severo Helmut Kohl che rassicura i piccoli e terrorizzati Thatcher e Mitterrand: «Vi assicuro che non avete nulla da temere». In realtà, i leader europei del tempo temevano molto la Germania. Il sistema che idearono per fronteggiare Berlino e la sua moneta fu quello di toglierle il Marco, il simbolo materiale e ideale della rinascita tedesca dopo la seconda guerra mondiale. Oggi, paradossalmente, alla Germania si rinfaccia di dominare l’Europa perché quella moneta che le fu imposta è a immagine e somiglianza del vecchio Marco.
Nell’eterno campo di battaglia del Vecchio Continente la storia si è divertita a ricreare uno stato di eccezionalità per la Germania che meglio e prima degli altri ha compreso le potenzialità della moneta unica tanto da avviare, già nei primi anni duemila, un programma di riforme noto come Agenda 2010. Se dunque oggi la Germania ha un ruolo egemone in Europa, per correttezza storica, forse si dovrebbe ripercorrere il lungo processo che dalla caduta del Muro arriva all’introduzione della moneta unica.
Cuore tedesco. Il modello Germania, l’Italia e la crisi europea (Donzelli 2014) del filosofo Angelo Bolaffi si pone l’obiettivo di rileggere la questione tedesca su basi storiche e, soprattutto, evidenziando come la Germania di oggi sia un modello politico ed economico del quale non dobbiamo avere paura. La storia dell’ultimo mezzo secolo tedesco è una storia di inserimento della Germania nel sistema delle grandi potenze occidentali e di legame con l’Europa. Scrive, a ragione, Bolaffi: «La riunificazione non è stata l’ennesimo colpo di testa della Germania, un nuovo esercizio della volontà teutonica di potenza cui inevitabilmente doveva seguire il disordine europeo. Ma piuttosto il risultato del disordine europeo … La nuova Germania costituisce l’esito e non la causa della fine di un vecchio equilibrio europeo e mondiale…».
Bolaffi spiega in modo molto documentato, e con evidente passione, che è indispensabile ricominciare a “pensare la Germania”, ma non per creare una contrapposizione tra virtuosi del nord e peccaminosi del sud Europa, ma perché il completamento del progetto europeo passa inevitabilmente da Berlino. In Germania non c’è alcuna tensione alla leadership (Führung), ma semmai alla responsabilità (Verantwortung). L’Europa a cui Berlino aspira non è un’Europa tedesca o plasmata secondo il modello sociale e culturale della Repubblica Federale ma, al contrario, un’Europa della responsabilità, della serietà e della solidità finanziaria. Insomma, del buon senso. Al di là di come si voglia interpretare l’Europa del futuro secondo la visione tedesca, si tratta comunque di un’idea ben precisa. Il problema degli altri paesi europei nei confronti della Germania è che non hanno un progetto alternativo da proporre. (Pubblicato su Succedeoggi, 5 giugno 2014)

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