Europa, domande sul nostro futuro
La
crisi economica ha messo in crisi il progetto europeo. L’Unione Europea è accerchiata
da due opposte forme di retorica, quella euroscettica secondo cui la colpa dei
problemi dell’Italia è sempre degli altri (UE, Euro e Germania) e quella euro-entusiasta,
secondo cui l’UE è un grande successo. Nel dibattito pubblico si è perso
l’europeismo critico.
Un
recente sondaggio Ipsos Mori mostra che l’Europa è scossa da sentimenti euroscettici
e che il 68 per cento dei cittadini europei è insoddisfatto dell’Unione. È chiaro
che le istituzioni europee devono essere riformate e che è necessaria una maggiore
integrazione politica. C’eravamo tanto amati. Italia, Europa e poi? di Pier Virgilio Dastoli (Presidente del Movimento Europeo)
e Roberto Sataniello (Funzionario alla Commissione Europea), che viene
presentato oggi da Liberrima, ore 18, si inserisce in questa discussione. Il
libro è l’avvincente racconto degli ultimi vent’anni di fallimenti e successi
dell’UE. Come scrive Romano Prodi nella prefazione, “C’ervavamo tanto amati giunge
in un momento delicato per l’Europa in cui il sentimento di paura agita il
sonno non solo degli italiani ma anche della maggioranza dei cittadini
europei”.
All’unificazione
monetaria non è seguita quella politica e per questo motivo il progetto europeo
è destinato a essere un cantiere aperto.
Ma proprio l’incompiutezza politica dell’UE dovrebbe portare l’Italia a avere un
ruolo da protagonista nel progetto di costruzione di un’Europa diversa e a
investire nell’UE senza complessi di inferiorità. La strada da intraprendere non
è tanto quella di battere i pugni sui tavoli di Bruxelles o mettendo
continuamente in discussione l’Euro, dal quale l’Italia ha solo tratto
vantaggi, quanto contribuendo a riformare le istituzioni europee. “Si tratta –
scrivono gli autori – di elaborare una strategia globale e coerente nella quale
i problemi non siano presentati come concessioni o aiuti da chiedere pensando
solo all’interesse nazionale dietro cui si nasconde il tornaconto di qualche
gruppo particolare”. Gli autori sottolineano che l’Italia (insieme alla
Germania) ha avuto un ruolo di primo piano nell’integrazione europea. La
domanda che il cittadino italiano deve porsi non è L’Europa conviene? bensì Quale
Europa conviene? “Ciò appare essenziale – si legge nel libro – nel momento
in cui si riapre il cantiere europeo e ciascun paese ci partecipa con la sua
visione dell’interesse nazionale per i lavori urgenti di manutenzione che
devono essere fatti, ma anche per le più profonde ristrutturazioni che appaiono
necessarie per le nuove sfide che stanno davanti all’Unione Europea e per i
difetti della costruzione da Maastricht in poi.”
L’Europa
oggi è considerata esclusivamente come una serie di vincoli e ci si dimentica
degli enormi benefici che abbiamo avuto: stabilità monetaria, risparmio nel
cambio con le altre monete, investimenti europei (spesso non utilizzati nel
Meridione) e meno interessi sull’enorme debito pubblico. Purtroppo non esistono
soluzioni magiche (come l’uscita dall’Euro) ai problemi che l’Italia si porta
dietro da decenni e se oggi il nostro Paese ha difficoltà a contare in Europa
non è per la perdita della sovranità ma per la crisi profonda delle strutture
politiche e amministrative dello Stato italiano. Dastoli e Santaniello
conoscono bene i limiti della costruzione europea e riconoscono che
“l’involuzione intergovernativa del progetto europeo ha inciso nella difesa dei
nostri interessi nazionali”, ma l’UE resta una grande opportunità che l’Italia
non ha ancora sfruttato del tutto. (Pubblicato su Il Quotidiano di Puglia, 26 marzo 2014)
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