Made in Italy. Per una volta Italia batte Germania
Ci hanno provato fino all'ultimo i tedeschi a ottenere ancora una
volta all'Europarlamento partita vinta per plasmare a modo loro la
legislazione industriale europea. Ci hanno provato anche ieri a
Bruxelles, convinti che ce l'avrebbero fatta, come era accaduto soltanto
qualche giorno fa con l'auto, quando sono riusciti a imporre all'intero
settore europeo limiti di riduzione delle emissioni di Co2 con uno
spregiudicato sistema di crediti, a esatta immagine e somiglianza degli
interessi di Bmw e Daimler.
Che non a caso hanno poi generosamente ricompensato il partito di
Angela Merkel, la quale nei mesi scorsi si era spesa in prima persona
per tirare acqua al loro mulino. Sulla nuova legislazione europea a
tutela dei consumatori anche attraverso una più stretta sorveglianza
sulla sicurezza di tutti i prodotti in commercio, compresi quelli
importati, invece no. È stata l'Italia, insieme a Francia, Spagna e a un
nutrito gruppo di Paesi, compresa la nordica Danimarca, ad avere la
meglio.
E non per il rotto della cuffia ma con numeri decisamente convincenti. Il vecchio cavallo di battaglia italiano, quello della tracciabilità dei prodotti in nome della sicurezza e della trasparenza, ha tagliato il traguardo con 27 sì, 5 no e 7 astenuti. Contro, inglesi e svedesi. Di fronte alla malaparata, oltre che a sensibilità e interessi che in casa non sono del tutto univoci, i tedeschi hanno ripiegato dell'astensione. Per una volta lo spartiacque del voto non è passato dal solito solco Nord-Sud. In nome della protezione dei consumatori, la battaglia dei "Made in" incontra infatti attenti proseliti anche nei Paesi scandinavi.
E non per il rotto della cuffia ma con numeri decisamente convincenti. Il vecchio cavallo di battaglia italiano, quello della tracciabilità dei prodotti in nome della sicurezza e della trasparenza, ha tagliato il traguardo con 27 sì, 5 no e 7 astenuti. Contro, inglesi e svedesi. Di fronte alla malaparata, oltre che a sensibilità e interessi che in casa non sono del tutto univoci, i tedeschi hanno ripiegato dell'astensione. Per una volta lo spartiacque del voto non è passato dal solito solco Nord-Sud. In nome della protezione dei consumatori, la battaglia dei "Made in" incontra infatti attenti proseliti anche nei Paesi scandinavi.
«Con le europee alle porte sarebbe difficile spiegare ai nostri
cittadini che l'Europa garantisce meno trasparenza di Stati Uniti e
Giappone e perfino della Cina sulla tracciabilità dei prodotti che
circolano sul nostro mercato» dice Antonio Tajani, il commissario Ue
all'Industria che spera di riuscire a chiudere il cerchio entro
primavera. Ma la battaglia non è finita. Quella di ieri è stata
un'importante vittoria di tappa alla commissione Mercato interno
dell'Europarlamento, dopo quattro vittorie consecutive nelle altre
commissioni competenti. «Dopo oltre cinque anni si è tornati a votare a
favore del marchio d'origine» ricorda Cristiana Muscardini, la storica
pasionaria del "Made in" a Strasburgo. La partita finale è ancora tutta
da giocare ma, con un compromesso equilibrato, la tracciabilità dei
prodotti può anche diventare una delle carte vincenti della futura
politica industriale europea in un'Unione dove i consumatori si fanno
sempre più attenti a qualità e sicurezza dei prodotti. Bandi a Ogm e
carni Usa agli ormoni insegnano. «Ben oltre il 90% dei prodotti che
entrano sul mercato europeo non sono controllati da nessuno. Risultato,
ne circolano troppi che non sono sicuri, come gli accendini da quattro
soldi che provocano decine di incendi e ustioni ogni anno» secondo la
finlandese Sirpa Pirtikainen, l'europarlamentare autrice del rapporto
sulla sorveglianza del mercato.
Tracciabilità dei prodotti non significa soltanto più sicurezza, meno spese sanitarie, lotta alla contraffazione e maggiori entrate fiscali. Può significare anche il principio della reindustrializzazione europea dopo anni di delocalizzazione degli investimenti alla ricerca di costi sempre più bassi, spesso a detrimento di qualità e alta gamma. Se è vero che lo scontro con gli emergenti si giocherà su ricerca e innovazione più avanzate, il segnale arrivato ieri può diventare lo stimolo a riscoprire e produrre il meglio del Made in Europe. Naturalmente facendo i conti con la Germania, il maggior Paese manifatturiero europeo, con l'Italia però al secondo posto. Dopo l'alluvione di critiche piovute sul cancelliere e sull'industria dell'auto tedesca, accusate in Germania non solo di annacquare l'impegno ambientalistico ma di cercare facili scorciatoie in Europa frenando così la spinta a ricerca e innovazione d'eccellenza, facendo in breve scelte lesive per la competitività futura, è anche possibile che il no alla tracciabilità dei prodotti diventi inaccettabile per i consumatori tedeschi. Come dire che, dopo il voto di ieri a Bruxelles, è anche possibile che si creino le premesse per scrivere un "industrial compact" più compatibile con le esigenze di tutti gli attori della manifattura e del mercato europeo. Naturalmente questo non dipenderà solo dalla buona volontà dei tedeschi ma anche e soprattutto dalla determinazione dell'Italia e di tutti gli altri partner Ue a continuare a difendere con coerenza e con metodo i propri interessi industriali (TRATTO DA IL SOLE 24 ORE).
Tracciabilità dei prodotti non significa soltanto più sicurezza, meno spese sanitarie, lotta alla contraffazione e maggiori entrate fiscali. Può significare anche il principio della reindustrializzazione europea dopo anni di delocalizzazione degli investimenti alla ricerca di costi sempre più bassi, spesso a detrimento di qualità e alta gamma. Se è vero che lo scontro con gli emergenti si giocherà su ricerca e innovazione più avanzate, il segnale arrivato ieri può diventare lo stimolo a riscoprire e produrre il meglio del Made in Europe. Naturalmente facendo i conti con la Germania, il maggior Paese manifatturiero europeo, con l'Italia però al secondo posto. Dopo l'alluvione di critiche piovute sul cancelliere e sull'industria dell'auto tedesca, accusate in Germania non solo di annacquare l'impegno ambientalistico ma di cercare facili scorciatoie in Europa frenando così la spinta a ricerca e innovazione d'eccellenza, facendo in breve scelte lesive per la competitività futura, è anche possibile che il no alla tracciabilità dei prodotti diventi inaccettabile per i consumatori tedeschi. Come dire che, dopo il voto di ieri a Bruxelles, è anche possibile che si creino le premesse per scrivere un "industrial compact" più compatibile con le esigenze di tutti gli attori della manifattura e del mercato europeo. Naturalmente questo non dipenderà solo dalla buona volontà dei tedeschi ma anche e soprattutto dalla determinazione dell'Italia e di tutti gli altri partner Ue a continuare a difendere con coerenza e con metodo i propri interessi industriali (TRATTO DA IL SOLE 24 ORE).
Adriana Cerretelli
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