Cosa lascia Angela Merkel



Angela Merkel governa dal novembre del 2005. Sedici anni, quattro elezioni vinte con risultati non sempre entusiasmanti, quattro governi di cui tre Grandi Coalizioni con i socialdemocratici e un governo con i liberali (FDP). Merkel ha superato Konrad Adenauer ed eguaglierà Helmut Kohl nella durata al governo.

Rispetto agli interregni dei suoi predecessori, i sedici anni merkeliani acquisiscono un tratto di eccezionalità in quanto si situano storicamente in un’epoca in cui la politica (escluse la finte democrazia come Russia o Turchia) ha bruciato un numero impressionante di leader politici che sembravano destinanti a una carriera politica lunga ed edificante: Sarkozy, Hollande, Renzi, Letta, Berlusconi, Trump, Hillary Clinton, Tsipras e altri. Già la semplice capacità di resistenza politica della cancelliera Merkel indica chiaramente la straordinarietà di un caso storico che in futuro occuperà a lungo politologi, storici e giornalisti.

Il lungo cancellierato di Angela Merkel è stato unico perché ha avuto delle caratteristiche che lo rendono senza precedenti nella storia della Repubblica Federale tedesca: Merkel è stata la prima donna alla guida della Repubblica Federale e la prima proveniente dalla ex Germania Est. Nessuna delle due cariche politiche apicali (Cancelliere e Presidente della Repubblica) sono state ricoperte da cittadini o cittadine della ex Germania Est prima di Angela Merkel; unico caso dopo di lei: l’elezione di Joachim Gauck a Presidente della Repubblica nel 2012.

Il secondo elemento distintivo è stato quello di aver governato per dodici anni su sedici in una Grande Coalizione con la SPD. Può sembrare un dato di poco conto, eppure non è così: prima di Merkel la Grande Coalizione si era avuta in Germania soltanto una volta e per soli tre anni, dal 1966 al 1969. Con Merkel la Grande Coalizione diviene gradualmente - e per ragioni anche di affidabilità politica dei socialdemocratici - la migliore delle strategie politiche per garantire la stabilità istituzionale in una fase politica di grandi crisi e di profonde trasformazioni sociali ed economiche.

Angela Merkel, inoltre, si può dire che sia stato il primo vero cancelliere della Germania unita. Kohl è stato il cancelliere della riunificazione, Gerhard Schröder colui che ha permesso che la riunificazione si tramutasse in un successo economico, sociale e politico (seppur non senza qualche contraddizione) ma il primo vero cancelliere che ha governato una Germania unita e con i problemi di un paese unito è stata Angela Merkel. Non tutti i problemi sono stati risolti, anzi molti non sono stati neanche affrontati, ma complessivamente Merkel lascia un Paese migliore di come l’aveva ereditato da Schröder. Sul bilancio dell’era Merkel se ne discuterà nei prossimi anni.

Il cancellierato di Angela Merkel ha poi coinciso con un riposizionamento della Germania sul piano internazionale. Negli anni in cui Angela Merkel è stata cancelliera la Germania ha conquistato un ruolo internazionale ancora più forte e consapevole. Merkel ha reso la Germania un global player internazionale come non lo era mai stato in precedenza. Non solo è divenuta un paese leader in Europa a scapito di Francia e Gran Bretagna che per ragioni politiche interne hanno smesso di esercitare una leadership europea, ma la Repubblica Federale ha rafforzato enormemente una serie di relazioni commerciali e diplomatiche fortissime anche fuori dal contesto europeo, pensiamo in particolare alla Cina, meta preferita da Angela Merkel, alla Russia, con la quale, in ultimo, si è realizzato il North Stream 2, o, infine, più in generale, all’attenzione che la cancelliera ha avuto per l’Africa. La Germania ha avuto anche un ruolo non indifferente e per certi versi del tutto nuovo anche nelle trattative sul nucleare iraniano ed, ovviamente, nella gestione umanitaria dal 2015 negli accordi tra Unione Europea e Turchia. Angela Merkel lascia al successore una chiara posizione politica e commerciale della Repubblica Federale nello scacchiere internazionale. 

Infine, Angela Merkel ha deciso di uscire di scena volontariamente. È stata lei a decidere di fermarsi. Rispetto ai grandi cancellieri tedeschi del passato il suo ritiro politico non è coinciso con una sconfitta elettorale o con una sfiducia parlamentare. Se si fosse candidata nuovamente nel 2021 avrebbe vinto ancora considerato che resta la personalità politica maggiormente apprezzata.


Cosa lascia

Angela Merkel lascia un’eredità politica inevitabilmente in chiaroscuro. Dal punto di vista politico (e non economico) sono tre gli aspetti centrali del suo lascito politico.

Il primo è la lotta all’estremismo politico di destra. Angela Merkel ha fatto dell’intransigenza nei confronti dell’estremismo politico di destra un tratto fondamentale del suo cancellierato. Gli anni del suo governo sono coincisi con la nascita di un forte partito di destra, in alcuni aspetti, di estrema destra rispetto al quale Angela Merkel ha sempre eretto una diga. Merkel ha messo al centro del suo messaggio politico la cultura del ricordo della Shoah e delle responsabilità dei tedeschi nella seconda guerra mondiale, della lotta a qualunque forma di discriminazione ed, infine, il rispetto dell’avversario politico. Tutto questo è incompatibile con Alternative für Deutschland, partito antieuropeo, che in più occasioni ha minimizzato le responsabilità storiche della Germania, che si è fatto interprete di una politica violenta nei confronti dei migranti fino a sostenere anche la necessità di sparare ai confini, ed, in ultimo, che ha fatto della violenza verbale contro Angela Merkel uno dei suoi strumenti di propaganda politica.

Un secondo tratto distintivo del Merkelismo è stato credere fermamente nel multilateralismo. Nelle molteplici crisi che ha dovuto affrontare, Merkel si è sempre appellata all’importanza di un approccio multilaterale. Ha sempre cercato soluzioni che prevedessero la cooperazione con i protagonisti di turno. In un periodo dominato da leader mondiali, come Putin, Erdogan o anche Trump, convinti di risolvere le questioni con prove di forza individuali, Merkel ha sempre tenuto un canale di comunicazione aperto anche scindendo la questione della difesa dei diritti dalla possibilità di una soluzione alla crisi in questione. Si pensi a quella umanitaria, alla crisi in Crimea o alle relazioni transatlantiche.

Infine, l’Unione Europea. Niente ha occupato così a lungo la cancelliera Merkel quanto l’Europa: dalla crisi del Trattato costituzionale alla crisi del debito, dall’Euro alla crisi del terrorismo, dai migranti alla pandemia. Merkel stessa ha riconosciuto che il momento più difficile dei suoi sedici anni è stata la crisi greca. Al di là di qualche errore che sicuramente è stato commesso, non ci sono dubbi che Angela Merkel abbia salvato l’Unione Europea. Ha salvato l’impianto istituzionale dopo i referendum in Olanda e Francia che bocciarono la costituzione europea, fu intransigente nel momento in cui era necessario rispettare i criteri sui quali si era fondata la casa comune europea, ma al contempo solidale nel momento in cui questi criteri non avevano più senso con l’arrivo della pandemia che ha comportato una crisi economica e sociale ben peggiore di quella del 2008-09. Merkel ha rappresentato il volto dell’accoglienza quando molti stati europei ignoravano la crisi umanitaria del 2015. Tuttavia, Angela Merkel lascia un’Europa che resta intergovernativa, un’Unione Europea dei governi. Per convinzione ma anche per realismo politico non è stata abbozzata nessuna seria riforma che potesse superare lo strapotere del Consiglio europeo e dei Capi di stato e di governo.


uvillanilubelli

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