La Corte Costituzionale tedesca e il principio di realtà
In un libro del 2015 Herman Van Rompuy, già Presidente del Consiglio europeo e Primo Ministro del Belgio, scriveva, in quelle che definiva “riflessioni dopo cinque anni di mandato”, che
l’UE non sarà mai governata in un modo astratto, da persone che avranno la propria legittimità esclusivamente dalle elezioni europee. Questo sarebbe in contrasto con la nostra storia. E questo rimarrà sempre una difficoltà. … L’Europa non sarà mai governata da persone che non sono fermamente ancorate nella loro nazione. L’UE sarà sempre una struttura molto distinta. (After the Storm. How to ave democracy in Europe, Lannoo 2015)
Questo passo di Herman Van Rompuy, una persona che ha vissuto dall’interno le istituzioni europee in una lunga fase di trasformazione (l’entrata in vigore dell’attuale Trattato di Lisbona) e durante una delle più gravi crisi europee (economico-finanziaria prima e dell’Euro dopo), mi è venuto in mente leggendo la sentenza della Corte costituzionale di Karlsruhe.
Ma andiamo con ordine. La Corte tedesca era chiamata a giudicare il PSPP (Public Sector Purchase Programme) che non è altro che uno dei programmi in cui è articolato il Quantitative Easing, ovvero l’acquisto di titoli di debito pubblici da parte della Banca Centrale Europea. Nello specifico doveva stabilire se fosse compatibile con l'art. 123 del Trattato sul Funzionamento dell'UE, secondo cui "sono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della BCE ... a istituzioni, organi od organismi dell'Unione ... così come l'acquisto diretto presso di essi [Stati Membri] di titoli di debito da parte della Banca Centrale europea..." e con il principio di attribuzione (art. 5 del Trattato sull'Ue) secondo cui "l'Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati Membri nei trattati".
Prima di provare a spiegare la sentenza sono indispensabili due premesse: 1. è bene chiarire che non si tratta del nuovo programma di acquisto di titoli di debito pubblico (il cosiddetto Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP) intrapreso dalla BCE con la crisi Covid19; 2. è bene sapere che in Germania qualunque cittadino può ricorrere alla Corte Costituzionale se ritiene leso un suo diritto. In questo caso erano stati alcuni accademici, economisti ed ex politici tedeschi a fare ricorso (alcuni furono anche fondatori, poi successivamente, fuoriusciti, del partito di estrema destra AfD).
Veniamo alla sentenza. La Corte Costituzionale tedesca ha respinto il ricorso presentato dichiarando legittimo l’acquisto di titoli pubblici, ha però affermato che la BCE deve motivare entro tre mesi il programma (PSPP) in questione. Le ragioni di questa richiesta risiedono, molto semplicemente, nella ratio stessa del PSPP, un programma nato per essere eccezionale ma che è diventato ordinario, sebbene fosse ovviamente mirato alla stabilità dei prezzi (quindi conforme al mandato della BCE). Tuttavia, proprio per l’eccezionale durata ed estensione di quel programma fortemente sostenuto dall’allora presidente della BCE Mario Draghi, l’acquisto di titoli di debito, ha finito per avere effetti rilevanti anche sulle politiche economiche e fiscali dei singoli Stati Membri. La politica monetaria (competenza esclusiva dell’UE) ha finito per interferire sulle competenze statali, ovvero degli stati nazionali che riguardano appunto la politica economica e fiscale.
Conflitto istituzionale?
La sentenza della Corte sembra aprire un conflitto istituzionale non solo per la nettezza con cui si chiedono spiegazioni alla BCE se effettivamente abbia operato oltrepassando i propri compiti e le proprie competenze, ma anche perché una sentenza del 2018 della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, l’organo che garantisce che il diritto europeo venga interpretato e applicato correttamente in ogni Stato Membro, aveva giudicato il programma di acquisto di titoli di debito come conforme ai trattati europei. Del resto, la Corte di Lussemburgo aveva affermato in più occasioni che la politica monetaria e la politica economica e fiscale agiscono sullo stesso terreno (l’acquisto di titoli di stato) ma si distinguono chiaramente per il fine cui un’azione viene fatta che è quella della stabilità monetaria e dei bassi tassi di interesse.
Ora, secondo la Corte Costituzionale tedesca la Corte di giustizia dell'Unione europea non ha vigilato correttamente sulla effettivamente legittimità del programma. La sentenza dei giudici tedeschi non lascia spazio a interpretazioni, si tratta di un attacco frontale che lascia intendere un evidente conflitto che, tuttavia, la Corte di giustizia dell’UE non ha alcuna intenzione di alimentare. In un sintetico comunicato dell’8 maggio la Corte di giustizia dell’UE afferma:
I servizi dell’istituzione non commentano mai una sentenza di un organo giurisdizionale nazionale. In linea generale, si ricorda che, in base a una giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, una sentenza pronunciata in via pregiudiziale da questa Corte vincola il giudice nazionale per la soluzione della controversia dinanzi ad esso pendente. Per garantire un’applicazione uniforme del diritto dell’Unione, solo la Corte di giustizia, istituita a tal fine dagli Stati membri, è competente a constatare che un atto di un’istituzione dell’Unione è contrario al diritto dell’Unione. Eventuali divergenze tra i giudici degli Stati membri in merito alla validità di atti del genere potrebbero compromettere infatti l’unità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e pregiudicare la certezza del diritto. Al pari di altre autorità degli Stati membri, i giudici nazionali sono obbligati a garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione. Solo in questo modo può essere garantita l’uguaglianza degli Stati membri nell’Unione da essi creata.
L’istituzione si asterrà da qualsiasi altra comunicazione a questo proposito. (fonte)
La stessa Banca Centrale Europea, subito dopo la sentenza, aveva diramato un breve comunicato proteggendosi dietro la Sentenza della Corte di giustizia:
Il Consiglio direttivo resta pienamente impegnato a fare tutto il necessario nell'ambito del suo mandato per garantire che l'inflazione raggiunga livelli coerenti con il suo obiettivo a medio termine e che le azioni di politica monetaria intraprese nel perseguimento dell'obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi siano trasmesse a tutte i settori dell'economia e in tutte le giurisdizioni dell'area dell'euro.
Nel dicembre 2018 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito che la BCE agisce nel rispetto del suo mandato, ovvero della stabilità dei prezzi. (fonte)
Il problema che fanno finta di non vedere la Corte di Giustizia e la BCE è che la sentenza tedesca arriva dalla Corte suprema del maggior azionista della BCE, ovvero la Germania, sebbene evidentemente la sentenza non esprime una volontà politica del governo né, necessariamente, della Bundesbank. E’ altresì vero che chiunque conosce e segua un minimo le vicende e la politica tedesca sa perfettamente che la sentenza rispecchia in larga parte un pensiero diffuso in Germania che riguarda la difesa dei rendimenti degli investimenti di aziende e piccoli risparmiatori tedeschi. Non si dimentichi che non esiste nessun popolo in Europa che si sente tanto depauperato quanto quello tedesco dai bassi tassi di interesse, essendo del resto i tedeschi un popolo di risparmiatori.
Le istituzioni UE fanno finta anche di non vedere che la Corte tedesca richiama al proprio compito anche il Parlamento e il governo della Repubblica Federale che sono stati esplicitamente richiamati, non senza una certa perentorietà, a svolgere il loro ruolo nel processo di integrazione europea valutando l’effettiva proporzionalità del programma in questione. Sono chiamati a esprimersi con un parere giuridico alla Banca Centrale Europea ed eventualmente ripristinare il programma all’interno dei limiti stabiliti dai trattati europei
Bundesregierung und Bundestag sind aufgrund ihrer Integrationsverantwortung verpflichtet, auf eine Verhältnismäßigkeitsprüfung durch die Europäische Zentralbank hinzuwirken. Sie müssen ihre Rechtsauffassung gegenüber der Europäischen Zentralbank deutlich machen oder auf sonstige Weise für die Wiederherstellung vertragskonformer Zustände sorgen.
Qui si apre naturalmente una questione sulla quale in Europa si discute sempre troppo poco e quando lo si fa avviene in modo del tutto sbagliato. Mi riferisco a quella che la Corte definisce “continua erosione delle competenze degli Stati membri.” (erosione del "principio di attribuzione", art. 5 del TUE). Un tema che tocca anche, come vedremo, la questione della legittimità democratica dell’UE e a quell’ancoraggio alla dimensione nazionale di cui parlava Herman Van Rompuy da cui siamo partiti.
Il dilemma sul futuro dell’UE
Se gli effetti di questa sentenza – che indubbiamente sembra una vera dichiarazione di guerra all’UE – li sapremo soltanto tra tre mesi, ovvero quando la BCE risponderà alla Corte tedesca (ammesso che ci sarà un risposta in tal senso), in realtà il punto decisivo della sentenza riguarda la natura stessa dell’intera architettura istituzionale europea e dell’incongruenza delle competenze attribuite all’Unione Europea e agli Stati Membri. Alla sua incompiutezza istituzionale. In questo senso le sentenze della Corte costituzionale tedesca sono da sempre un bagno nella realtà per tutti i protagonisti dell’acceso dibattito sull’Unione Europea tra federalisti e funzionalisti, intergovernamentalisti e promotori degli Stati Uniti d’Europa, euroentusiasti e antieuro.
Prima di tutto la sentenza del 5 maggio non può essere letta senza (almeno) due altre storiche sentenze della Corte tedesca sul Trattato di Maastricht (1993) e sul Trattato di Lisbona (2008). Due sentenze in cui, in estrema sintesi, veniva riconosciuto il primato del diritto europeo e della giurisdizione della Corte europea nella misura in cui opera nell'ambito dell'interpretazione del diritto europeo e della validità degli atti europei, ma se eccede le proprie competenze (ultra vires) allora ci si riserva la facoltà di stabilire se sussista un conflitto con i principi dell'ordinamento nazionale, facendo emergere espliciti controlimiti alla prevalenza del diritto comunitario su quello interno. Inoltre, nelle due sentenze si rivendicava la dimensione interstatale del progetto europeo la cui legittimità democratica risiede negli Stati Membri nazionali. Non a caso la sentenza sul Trattato di Maastricht parlava esplicitamente, a proposito dell’Unione Europea, di Staatenverbund (Unione di Stati): la legittimazione democratica si ottiene necessariamente attraverso la consultazione dei parlamenti degli Stati membri, si leggeva in un passo della sentenza. In questo senso la Corte tedesca è sempre stata coerente con sé stessa e con l’attuale sistema europeo. Il Parlamento tedesco (Bundestag) deve esprimersi sui Trattati perché altrimenti non c’è democrazia.
Al di là del potenziale conflitto tra Corti, a mio avviso poco significativo anche perché non sarebbe la prima volta, i giudici tedeschi hanno messo in risalto una realtà di fatto, forse banale, ma che è bene ripetere e ricordare a tutti i protagonisti, attivi e passivi, del dibattito politico europeo: l’UE non è uno Stato, non è uno stato federale, né confederale. In un’intervista al Corriere della Sera il costituzionalista Alessandro Mangia ha affermato che
l’ordinamento europeo non è un ordinamento federale e non ha una Corte di chiusura. L’ordinamento dell’Unione è fatto da una pluralità di ordinamenti distinti, coordinati in quello dell’Unione. E ogni ordinamento è presidiato da una corte di chiusura, per cui la Corte di giustizia interpreta il diritto dell’unione dentro l’ordinamento europeo, mentre le Corti costituzionali nazionali — tedesca, italiana, francese eccetera — interpretano il trattato sul funzionamento dell’Europa come recepito nell’ordinamento nazionale (fonte)
Del resto, il famoso caso Taricco che vide contrapposte la Corte Costituzionale italiana e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea aveva già evidenziato lo stesso problema. Non si dimentichi che l’UE non ha una Corte suprema come negli Stati Uniti; non è questa la funzione della Corte di Giustizia dell’UE.
L’altra questione fondamentale riguarda le competenze. Com’è noto l’Unione Europea è un'organizzazione unica al mondo in quanto gli Stati Membri condividono una moneta senza avere una comune politica fiscale ed economica. Questo sistema acefalo è all’origine della maggior parte dei problemi e delle crisi con cui l’UE si è dovuta confrontare in questi anni, a partire dalla crisi economico-finanziaria del 2008-09 fino al Covid19. Senza una capacità finanziaria (ovvero un bilancio dotato di autentiche risorse proprie) l’Unione Europea resterà sempre ostaggio degli Stati Membri, dei suoi governi, delle rispettive opinione pubbliche, dei rispettivi interessi di bottega. Soprattutto l’UE resterà un progetto fragilissimo e un campo di battaglia delle tante politiche nazionali quanti saranno i suoi Stati Membri. Il problema è ampiamente noto tanto che nei primi anni Duemila l’UE si dotò di una Costituzione che dava al progetto europeo una finalità politica ma quella Costituzione non entrò mai in vigore dopo che due referendum in Olanda e Francia la respinsero.
In molti si sono sorpresi delle tempistica con cui la Corte Costituzionale tedesca si è espressa, in quanto con questa sentenza avrebbe messo in pericolo anche, in prospettiva futura, il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) della BCE. Indubbiamente non si può escludere. Ma visto che proprio nei prossimi mesi si discuterà del futuro bilancio europeo e di un suo sostanziale aumento forse questa sentenza costringerà i governi nazionali degli Stati Membri non tanto a cedere sovranità all'UE – aspetto che non mi sembra assolutamente una prospettiva realistica nell'immediato futuro – quanto piuttosto a dotare l’UE di una minima capacità finanziaria.
La storia d’Europa insegna che il progetto europeo per progredire nell’integrazione europea ha bisogno di schock e in questo senso c’è da augurarsi che questa sentenza della Corte sia un stimolo piuttosto che una pietra tombale sull’UE.
twitter@uvillanilubelli
PS: L'Europarlamentare dei Verdi Sven Giegold ha scritto una lettera alla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, per invitarla ad aprire una procedura di infrazione nei confronti della Germania. La motivazione dell'europarlamentare è che la sentenza della Corte Costituzionale tedesca, chiedendo un parere al governo e al parlamento tedesco, vìola l'indipendenza della BCE. Il rischio, in qualche modo paventato dalla Corte tedesca, che la Germania (e quindi la Bundesbank) esca dal programma PSPP è molto grave e deve essere preso sul serio. Sven Giegold sottolinea e difende anche il ruolo del Parlamento europeo.
Alla lettera ha subito risposto la Presidente della Commissione europea (Giegold l'ha pubblicata su twitter) che ha affermato che si stanno valutando tutte le conseguenze della sentenza e che il primato del diritto europeo deve essere difeso e tutelato, inoltre le sentenze della Corte di giustizia dell'UE sono vincolanti per tutti i tribunali nazionali. Questa tesi è stata sottolineata anche da Vera Jourova, Vice-Presidente della Commissione europea, in un'intervista alla FAZ (10 maggio 2020).
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