Il Trattato franco-tedesco e la sparizione del Trattato del Quirinale
In un'Europa che si avvicina al redde rationem delle prossime elezioni europee del 26 maggio, Merkel e Macron lanciano la loro sfida al nazionalismo sovranista. Il Trattato franco-tedesco sottoscritto ad Aquisgrana, città natale di Carlo Magno, Re dei Franchi e dell'Impero romano, ha rinnovato il Trattato dell'Eliseo del 1963 allora firmato da Adenauer e De Gaulle.
L'intento di Berlino e Parigi non è soltanto di rafforzare il legame tra i due principali Paesi fondatori dell'Unione Europea, ma di creare una vero e proprio nucleo di attrazione europeo su valori e principi quali la cooperazione politica e civile europea e internazionale, il libero mercato e la sicurezza comune.
È il rilancio dell'Europa delle origini. Perché non bisogna dimenticare che il progetto europeo nasce come riconciliazione franco-tedesca dopo almeno cento anni di guerre. L'obiettivo di Merkel e Macron è di portarsi dietro non solo i Paesi fondatori (esclusa momentaneamente l'Italia) ma anche molti degli Stati Membri che hanno aderito successivamente al progetto europeo. Si pensi in particolare a Grecia, Spagna, Portogallo, Austria, Svezia, Finlandia e alcuni dei Paesi dell'Est.
Il trattato (7 capitoli e 28 articoli) affronta due grandi macrotemi: la politica europea e il multilateralismo. Francia e Germania intendono intensificare la cooperazione nella politica europea per la realizzazione di una politica estera e di sicurezza comune, rafforzare l'unione monetaria ed economica e, inoltre, completare il mercato unico interno.
Sono previste, infatti, misure per sostenere ulteriormente gli scambi culturali, i finanziamenti alla ricerca e la mobilità tra i due paesi. In particolare Francia e Germania daranno vita a un consiglio di dieci esperti economisti al fine di armonizzare e integrare le leggi vigenti.
La politica estera è un punto più volte richiamato dal Trattato. Verrà costituito un consiglio franco-tedesco di sicurezza e di difesa. Francia e Germania continuano a farsi portavoce dell'indispensabile ruolo della NATO, ma soprattutto dei comuni interessi in sicurezza e difesa e dell'importanza di un approccio multilaterale.
Non casuale che lunedì scorso, Ursula von der Leyen, Ministra tedesca alla Difesa, avesse pubblicato un articolo sul New York Times, dal titolo fin troppo eloquente, The World Still Needs NATO, in cui si rivendicavano i progressi fatti dalla Germania negli investimenti in difesa (il 36 per cento in più dal 2013) e si ricordava l'art. 5 del Trattato nordatlantico (citato esplicitamente nell'art. 4 del Trattato di Aquisgrana) sulla reciproca solidarietà nella difesa per gli Stati aderenti alla NATO. Un chiaro segnale all'amministrazione Trump.
Nel documento franco-tedesco non manca un riferimento alle sfide climatiche, con l'impegno di rispettare gli accordi di Parigi del 12 dicembre 2015 e dell'Agenda 2030 delle Nazioni Uniti per uno sviluppo sostenibile.
Infine, a sancire l'ulteriore integrazione politica, l'art. 24 del trattato stabilisce che almeno una volta a trimestre un ministro di uno dei due governi prenderà parte al consiglio dei Ministri dell'altro Stato.
Con il Trattato di Aquisgrana la cooperazione franco-tedesca fa un evidente salto di qualità. Francia e Germania rivendicano ancora una volta il loro ruolo di motore politico dell'Unione Europea. In passato l'Italia, a fase alterne, era parte di questo meccanismo, a volte in posizione decisamente defilata e marginale, altre con un maggiore protagonismo.
Oggi Roma sembra semplicemente esclusa (e del tutto isolata in Europa), più per autolesionistica scelta propria che per una strategia alternativa di contrasto alla visione franco-tedesca.
Circa un anno fa c'era il progetto franco-italiano di un Trattato del Quirinale che avrebbe dovuto rafforzare la collaborazione con Parigi, ma di cui oggi, in un contesto politico del tutto diverso, si sono perse le tracce.
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