Wolfgang Schäuble: è lui l'artefice dell'accordo salva-Merkel
La figura chiave di una giornata burrascosa si chiama Wolfgang Schäuble. L'ex Ministro delle Finanze, ora Presidente del Bundestag e grande vecchio delle istituzioni tedesche ha contribuito in modo decisivo a risolvere una crisi che rischiava di mettere la Germania in difficoltà davanti al resto d'Europa. L'incontro di Angela Merkel e Horst Seehofer con Schäuble, storico esponente della CDU, braccio destro di Kohl e uno degli artefici della riunificazione tedesca, non può essere stato un semplice passaggio formale. Prima della vera e propria trattativa tra cristiano-sociali e cristiano democratici presso la sede della CDU al Konrad-Adenauer-Haus, durata quasi sei ore, Merkel e Seehofer, erano stati ricevuti da Schäuble. È lì che si sono poste le basi per una ricomposizione della frattura. Il Presidente ha richiamato entrambi alla responsabilità. Eppure il pomeriggio non era iniziato nel migliore dei modi. "Non mi faccio dimettere da una cancelliera che è ancora tale solo grazie a me", aveva detto Horst Seehofer in una dichiarazione rilasciata alla Süddeutsche Zeitung, mostrandosi tutt'altro che remissivo.
Con l'accordo raggiunto, vincono (apparentemente) tutti, ma l'impressione è che la resa dei conti finale sia soltanto rimandata. Seehofer resterà Ministro dell'Interno ma la frattura con la Cancelliera è tale che i due difficilmente potranno continuare a lavorare insieme. Merkel evita una crisi che in questo momento le sarebbe stata fatale. Anche le tensioni all'interno dei cristiano-sociali (CSU) e tra questi ultimi e i cristiano-democratici (CDU) richiederà tempo per ricomporsi. Molto dipenderà dal risultato delle elezioni in Baviera ed in Assia quest'anno e dalle europee nel 2019.
Nel caos di questi giorni resta ora da vedere come i socialdemocratici reagiranno all'accordo. Perché nella messa in scena di Horst Seehofer, fino ad ora, la SPD è rimasta a guardare, ma è chiaro che ora anche il terzo alleato della coalizione dovrà far pesare le proprie idee. Domenica la SPD ha presentato un documento in cui si respingono le soluzioni nazionali alla crisi migratoria e viene dichiarata la propria contrarietà ai campi di accoglienza in Nord Africa.
La crisi tedesca di questi giorni dimostra ancora una volta che il terremoto delle ultime elezioni tedesche non è ancora finito. Gli effetti proseguiranno ancora. La Germania non ha perso la sua tradizionale stabilità né vive una crisi del suo sistema istituzionale, ma molto più semplicemente è il sistema dei partiti che è entrato in crisi. Per la prima volta, ci sono sette partiti (e sei gruppi parlamentari) rappresentati nel Parlamento. Un numero mai così alto nella storia della Repubblica Federale tedesca. Tutti i gruppi sociali di riferimento, dall'estrema sinistra all'estrema destra, hanno un partito di riferimento nel Bundestag. Una delle conseguenze di questa rivoluzione è la crisi dell'Unione tra un partito regionale della Baviera, la CSU, e un partito nazionale (ma assente in Baviera), appunto la CDU. Le ragione di tale crisi è certamente dovuta alla nascita di un partito di destra (AfD) ma anche dai limiti di un modello superato dagli eventi storici. Solo un riposizionamento su posizioni molto conservatrici da parte della CDU potrà salvare, alla lunga, l'Unione con la CSU, altrimenti gli interessi divergenti tra Baviera e resto della Germania porteranno inevitabilmente ad una separazione.
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