Le lezione triste di Sebastian Kurz, l’anti-Merkel

Sebastian Kurz è un ragazzo prodigio. A 24 anni segretario di Stato, a 27 ministro degli Esteri e a 31 sarà Cancelliere austriaco. È una storia di successo che, forse, è solo all'inizio.
Il successo di Kurz non è casuale, ma programmato nei minimi dettagli da molto tempo. Ha avuto la forza di farsi interprete di un profondo cambio generazionale nel suo partito prima e nell'intero Paese poi (l'età media dei candidati dell'ÖVP è di appena 45 anni) e proprio per questo è spesso citato come un modello dall'ala conservatrice dei cristiano-democratici tedeschi per criticare l'eterna Merkel.
Con la vittoria appena conquistata Kurz diventa il principale, e sicuramente il più promettente, esponente del nuovo conservatorismo in Europa e, pur non avendo alcun interesse a contrapporsi duramente alla Cancelliera tedesca, diventa l'Anti-Merkel per eccellenza e si presenterà alla famiglia popolare europea come l'alternativa alla linea moderata e illuminata di Angela Merkel.
Del resto, Kurz ha compreso molto bene la recente lezione di Berlino: con la politica dell'accoglienza non si vincono le elezioni e non bisogna abusare delle Grandi Coalizioni. Da qui ha portato avanti una netta personalizzazione della campagna elettorale tanto da aver creato una lista personale (Liste Sebastian Kurz - die neue Volkspartei), si è fatto promotore di una linea dura (anzi durissima) nei confronti dei migranti ed, infine, ha aperto il dialogo con l'estrema destra dell'FPÖ (Partito della Libertà).
Ciò che rende Sebastian Kurz un vero caso di studio è proprio la sua apertura alla destra nazionalista dell'FPÖ con cui intende governare nei prossimi anni. La strategia del futuro Cancelliere austriaco è diametralmente opposta a quella di Merkel. Se la Cancelliera sin dal 2013, anno di fondazione di Alternative für Deutschland (AfD), non ha voluto alcuna interlocuzione politica con la nuova destra tedesca, Kurz ritiene, al contrario, di non poter lasciare uno spazio politico vuoto a destra dando l'esclusività di alcuni temi (in particolare sicurezza e immigrazione) ai nazionalisti. Con l'FPÖ bisogna collaborare e neutralizzare il partito attraverso un processo di "istituzionalizzazione". Del resto, l'FPÖ ha già governato con i socialdemocratici dal 1983 al 1986 e con i popolari dal 1999 al 2005.
La triste lezione di Kurz è che, evidentemente, non viviamo un'epoca per cuori aperti e gentili. Si mescolano con superficialità (e con malafede) terrorismo e immigrazione, sicurezza e diritto all'asilo. Il risultato è un mix di paure a cui la politica è chiamata a dare risposte nette e immediate. Purtroppo, spesso, superficiali. Sarebbe il compito di una sinistra con reali ambizioni di governo, inclusiva e non esclusiva, essere l'alternativa a questa deriva neo-conservatrice. Ma la sinistra europea (moderata ed estrema) sembra più interessata a battaglie identitarie piuttosto che a lottare contro un nuovo conservatorismo che governa già in gran parte d'Europa.

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