Ombre e luci di Berlino viste da un outsider

Una famosa canzone tedesca, interpretata tra gli altri da Marlene Dietrich, Hildegard Knef e, più di recente, dal popolarissimo Udo Lindenberg, recita: “ho ancora una valigia a Berlino e per questo ci devo ritornare”. Il testo descrive una condizione che accomuna migliaia di persone che hanno instaurato un legame difficilmente spiegabile e da eterno ritorno con la magica atmosfera che si respira a Berlino. Deve essere questo particolare stato emozionale che ha portato Cristiano Corsini a pubblicare un libro di foto commentate su Berlino.
L’autore, infatti, non ci vive, ma sembra avere lì una valigia che lo porta a frequentare stabilmente la capitale tedesca dove, scrive nella Premessa, “m’illudo di trovare lassù merce che qui (a Roma) scarseggia”. Di Berlino e del suo continuo mutamento, continua Corsini, “amo la coscienza di sé che esprime, quasi che i berlinesi, vecchi o nuovi che siano, uniscano la consapevolezza di un passato che li schiaccia alla straordinaria voglia di dire la propria sul presente”. 
Il suo libro Berlino. Ombre e luci viste da fuori (Homolegens 2013) nasce da un concorso fotografico collegato al Festival of Lights, al quale l’autore ha partecipato e vinto con una bellissima fotografia della Porta di Brandeburgo con una “improbabile” bicicletta azzurra prestatagli da un amico che vive a Berlino. 
Le suggestive fotografie sono un viaggio nella Berlino classica (quindi non la Berlino nascosta e meno famosa) e riescono a trasmettere quel complesso di emozioni, spesso contraddittorio ed impossibile da sintetizzare che si avverte visitando Berlino: la quiete di una città di provincia, la maestosità di una parte della sua architettura, la vivacità culturale, il continuo mutamento sociale e urbanistico, la pesantezza di un passato ingombrante, i particolari colori (dal cielo, alla natura) che la animano. Non è un caso che nell’ottima introduzione al libro, scritta da Lorenzo Gasparrini, si sottolinea giustamente che Berlino è ricordata “per le sue decadenze, fioriture e i suoi traumi storici” ma proprio per questo è diventata “un centro di diffusione culturale e artistica” senza eguali al mondo.
Ogni foto è accompagnata da un accurato e dotto commento in cui si ripercorre non solo l’affascinante e unica storia della città, dalle guerre mondiali e il nazismo fino al riunificazione passando ovviamente per la città divisa dal Muro, ma anche con una serie di simboli che solo chi conosce Berlino può veramente apprezzare, dal monumento commemorativo dell'Olocausto a quello sovietico a Treptower Park fino al parco dedicato a Ernst Thälmann. Ma c'è anche la squadra di calcio della Union Berlin, invisa al regime della Germania comunista ed eterna rivale, nella DDR, della Dinamo Berlin. L'Union è anche diversa dalla più famosa Hertha Berlino (che gioca con alterni successi prevalentemente in Bundesliga). Si tratta infatti della squadra di Berlino Est, più precisamente di Köpenick, dove si trova la suggestiva An der Alten Försterei (la vecchia casa del guardaboschi), uno stadio che non è solo uno stadio ma il simbolo identificativo di una comunità. È stato infatti ristrutturato dagli stessi tifosi che rifiutarono l’offerta di un costruttore. Vedere una partita della Union Berlin, in questo tempio del calcio non commerciale, situato molto lontano da qualsiasi luogo turistico della città, è una delle più belle esperienze che si possano fare nella capitale tedesca (Basta vedere questo mio video per capire a cosa mi riferisco). 

Infine, per dirla con le stesse parole di Cristiano Corsini il valore aggiunto di Berlino è nel “fare i conti con la propria fragilità” e ancora “s’accontenta d’essere, giorno per giorno, semplicemente viva”.

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