Crollo demografico in Germania
Nella settimana in cui la popolazione mondiale ha raggiunto i sette miliardi, il Ministero degli Interni tedesco ha comunicato che quella tedesca diminuirà di dieci milioni entro il 2060. Lo sviluppo demografico in Germania sarà uno dei temi di maggiore importanza nella discussione pubblica dei prossimi anni. Secondo un’analisi dell’Ufficio Federale di Statistica la società tedesca sta gradualmente diminuendo ed, inesorabilmente, invecchiando.
Stando ai dati attuali, in Germania, vivono 81,7 milioni di persone, ma secondo il “Demographiebericht”, ovvero la relazione dell’Ufficio Federale di Statistica sulla situazione demografica in Germania, nei prossimi cinque decenni la popolazione tedesca dovrebbe diminuire di circa 12 milioni e scendere così a circa 70 milioni di abitanti, o nella peggiore delle ipotesi addirittura a 65 milioni. Sarà la presenza degli immigrati a stabilire il numero preciso. In ogni caso i cittadini di origine straniera saranno sempre di più anche se l’elevata fertilità di numerosi gruppi di stranieri non riuscirà a sopperire, completamente, alla scarsa fertilità dei tedeschi.
La popolazione tedesca, dunque, non soltanto diminuirà, ma diventerà anche sempre più vecchia. Già nel 2030 i cittadini con oltre 64 anni dovrebbero raggiungere il 29 per cento della popolazione complessiva. Nel 2060 saranno il 34, ovvero uno su tre. E le persone con 70 anni saranno circa il doppio delle nuove nascite.
A determinare questa drastica diminuzione ed, al contempo, invecchiamento della popolazione è il numero sempre minore delle nascite: la Germania ha l’indice di natalità tra i più bassi in Europa: 1,36. Peggio dei tedeschi si trovano solo i portoghesi e gli ungheresi (1,32). Leggermente meglio della Germania si trovano la Spagna (1,40) e l’Italia (1,41). Decisamente meglio della Germania fanno, invece, la Francia (2), l’Olanda (1,79), la Svezia e la Gran Bretagna (1,94). Al primo posto per l’indice di natalità in Europa si trova l’Irlanda (2.07). La media europea è, comunque, molto bassa: 1,6. Stabile, invece, il dato relativo agli Stati Uniti: 2,0. C’è però da considerare che in Germania il crollo delle nascite non è un dato nuovo, ma è iniziato già dagli anni sessanta e dal 1975 è, stabilmente, sotto l’1,5.
Ora, se al basso indice di natalità aggiungiamo la migliore aspettativa di vita, è facile comprendere come la popolazione tedesca sia destinata, nei prossimi decenni, ad un radicale cambiamento. Nei paesi sviluppati, da circa centocinquant’anni, l’aspettativa di vita cresce, infatti, di tre mesi all’anno. Se, attualmente, l’aspettativa di vita è, per gli uomini, di 77,5 anni e per le donne 82,6, secondo una proiezione del “Demographiebericht”, nel 2030 crescerà per gli uomini a 81 anni e per le donne a 85,7. La sintesi è semplice: si vive sempre più a lungo (anche perché si è sempre meno vittima di malattie mortali) e ci sono sempre meno nascite.
Questo quadro fosco e, per certi versi, sconfortante avrà delle inevitabili conseguenze anche sul mercato del lavoro tedesco. Nel 2040 ci saranno 42 milioni di uomini in grado di lavorare, nel 2060 soltanto 33 milioni. La Germania, come già più volte affermato, ironicamente, da numerosi articoli della stampa tedesca, sta diventando sempre di più una “repubblica di pensionati”. Molto presto, saranno le aziende a cercare i lavoratori e non viceversa, come avviene attualmente. Come giustamente si è chiesto Heribert Prantl in un commento sulla Süddeutsche Zeitung: chi pagherà, in futuro, le pensioni? Ed ancora: non è solo una questione di perdita di forza lavoro. La Germania, con l’invecchiamento della sua popolazione, rischia di perdere vitalità e fantasia.
È necessaria, infine, un’ultima riflessione in relazione al raggiungimento dei 7 miliardi della popolazione mondiale. Come abbiamo riportato, l’indice di natalità in Europa è dell’1,6, dunque molto basso. Solo il 10,7 per cento della popolazione mondiale vive, attualmente, in Europa. Il Vecchio Continente incide poco nella crescita della popolazione mondiale sin dal lontano 1950 tanto che ha la perdita di popolazione più rilevante. Secondo le ultime proiezioni l’incidenza nella popolazione globale dovrebbe diminuire ancora al 6,7 per cento fino al 2100. La gran parte della popolazione mondiale vive, al momento, in Asia (61 per cento), ma anche l’incidenza di questo continente è destinata, comunque, a ridursi: 45 per cento fino al 2100. L’America resta, invece, stabile. È in crescita, al contrario, l’Africa che triplicherà la propria popolazione rispetto ai dati del 1950: nel 2100 arriverà a sfiorare i quattro miliardi!
Questi dati dimostrano che i continenti dove c’è maggiore benessere economico hanno indici di natalità bassi o comunque in calo. Il caso dell’Europa è, poi, ancora più drammatico. C’è il rischio che l’intera popolazione europea venga radicalmente trasformata nella sue tradizionali strutture culturali e sociali.
di Ubaldo Villani-Lubelli
(tratto da L'Occidentale, 10 novemebre 2011)
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