La Germania e l'incubo dell'estrema destra


In Germania il radicalismo nero sta creando non pochi grattacapi alla cancelliera Merkel. Qualcosa cominciava ad intravedersi già nel 1964, in piena guerra fredda, con la nascita del NPD (Partito Nazional-Democratico Tedesco), che iniziò in sordina e non destò particolari preoccupazioni. Dopo la riunificazione l’NPD riuscì però ad entrare in alcuni parlamenti regionali, come quelli del Meclemburgo e della Sassonia e nelle elezioni del 2005 ottenne l'1,6% delle preferenze. L'aumento del consenso nei confronti del partito tedesco e i punti programmatici che esso presenta rispondono alla consolidata dinamica già visibile con l'esplosione del Fronte Nazionale francese. L'abilità di questi gruppi politici è stata quella di affrontare con prontezza i temi relativi al disagio sociale: disoccupazione, attenzione verso le fasce più deboli, opposizione alle politiche liberiste, rifiuto dell’immigrazione e difesa dell'interesse nazionale sono stati i cavalli di battaglia di questi movimenti. In questo senso Le Pen ci aveva visto lungo e il vecchio schema ideato dal leader del Fronte Nazionale continua a funzionare, specialmente in tempo di crisi.
Funziona sopratutto a Jamel, piccolo paese dell’estremo nordest della Germania, dove i ragazzini si scambiano il saluto nazista e dove all'ingresso del centro abitato faceva bella mostra di se una svastica e una targa incisa con scritto “Paese di Jamel – libero, sociale, nazionale”. In questo villaggio, come in tanti altri nella regione del Mecklenburg, l'NPD ha trovato una vera e propria roccaforte in cui un esponente del partito, Sven Krüger, è diventato leader incontrastato. Krüger, capelli rasati e pizzetto, dall'aspetto ricorda il miglior Edward Norton in American History X, nei fatti ha comprato, insieme ad altri affiliati del partito, quasi tutti gli immobili del circondario, trasformando Jamel in una perfetta comunità nazionalsocialista in cui risiedono quasi esclusivamente simpatizzanti del movimento. Chi la pensava diversamente ha preferito cambiare aria, tanto che il “Der Spiegel” – già informato sulla vicenda –ha sostenuto che “se gli estremisti di destra se ne andassero, la città rimarrebbe vuota”.
Il sindacato di polizia tedesca (Gdp) ha chiesto di bandire l'NPD, affermando che tale decisione aiuterebbe le forze di sicurezza, farebbe perdere la base finanziaria al partito e darebbe un duro colpo all'estrema destra europea.
Tuttavia, se c'è una cosa che questi movimenti politici hanno dimostrato di non temere è proprio la clandestinità. In molti casi la loro messa al bando ha creato solo un rafforzamento delle proprie file.
Lavorare nell'ombra non pare quindi un problema. Ed è proprio nell'ombra che ha agito la “Frazione armata marrone”, cellula neonazista del NSU (Nationalsozialistischer Untergrund), un gruppo operativo dal 2000 e autore dell'uccisione di nove piccoli commercianti, otto di origine turca e un greco, più una poliziotta. Beate Z., Uwe M. e Uwe B, questi i nomi dei membri, si sono resi complici anche di un attentato a Colonia nel 2004 e di decine di rapine in banca. I due Uwe si sarebbero suicidati dopo un fallito tentativo di rapina e avrebbero agito impunemente per 14 anni insieme a Beate Z., che si è poi consegnata alla polizia.
La sfida si prospetta dura per la Germania, almeno finché Berlino continuerà a considerare l'estrema destra solo come un problema dell'ex Germania est. Perchè il nocciolo della questione è proprio questo: non è ironia della sorte se il neonazismo e il terrorismo bruno hanno il loro epicentro nell'ex DDR. Jana Hensel, giornalista del “Deir Freitag” e autrice del libro “Zonenkinder – I figli della Germania scomparsa”, ha vissuto gli anni del regime comunista in Germania e sulla vicenda della cellula neonazista racconta:“ho l'impressione che un confine sottile separi il corso della mia vita da quello dei tre neonazisti responsabili delle violenze. Abbiamo pressappoco la stessa età. E la vita a metà degli anni novanta nella Germania dell'est era così. Per certi versi amara e senza appigli. Come se l'insensatezza e l'ipocrisia degli anni ottanta nella Germania dell'est, insieme al senso di frustrazione seguito alla riunificazione, avessero trovato in noi adolescenti un'espressione”.
Una cosa sembra certa: gli affiliati a questi gruppi, spesso disoccupati, trovano nei movimenti politici estremisti un senso di appartenenza e di fratellanza. Per chi vive schiacciato e alienato dalla massiccia corsa all'urbanizzazione, soffocato dalla paura del futuro, emarginato dalla società, il neonazismo potrebbe fornire un senso all'esistenza.
Al riguardo la Germania ha da lavorare molto e l'Europa da ricostruire parecchio. L'eclissi del modello sociale europeo passa anche da qui. (tratto da Meridiani Relazioni Internazionali)

di Stefano Martella

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