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La guerra in Ucraina e noi

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La guerra, in Ucraina , c’è da sempre. Non è iniziata il 24 febbraio scorso. L’invasione ordinata da Putin è solo l’ultima di una lunga serie di azioni russe contro il popolo ucraino.   Per capire le ragioni di una guerra ci può aiutare solo la storia politica. Il biennio 1989-1991 è il periodo da cui partire. Il 9 novembre 1989 viene giù il Muro di Berlino e il 26 dicembre 1991 si dissolve l’Unione Sovietica. Finisce la Guerra Fredda e inizia una fase storica che è stata oggetto di numerose interpretazioni ma che sembrava, e sottolineo sembrava, potesse essere caratterizzata dall’unipolarità, dalla presenza di un’unica grande potenza mondiale: gli Stati Uniti d’America. Dopo il 1989-1991 , biennio che fu segnato anche dalla riunificazione della Germania nel 1990, la transizione politico-istituzionale dal regime comunista alla democrazia degli Stati del Patto di Varsavia e delle repubbliche ex-sovietiche fu complessa e diversificata. Restando alle repubbliche ex sovietiche, che son

L'impensabile

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Quando la Germania  investe in difesa militare  e decide di inviare armi in un conflitto non ci si può limitare esclusivamente a un’analisi della contingenza politica e militare. Nel caso della Germania pesa la sua storia. Non è naturalmente in discussione da che parte si collochi la Repubblica Federale tedesca che è saldamente inserita nelle istituzioni democratiche internazionali, quali la NATO e l’Unione Europea. Non si può negare, tuttavia, che sin dalla sua riunificazione nel 1990, la Germania si è affermata come una nuova potenza internazionale neo-mercantilista e con un ruolo insolitamente attivo in alcune delle crisi internazionali degli ultimi anni, basti pensare alla crisi iraniana del 2015, dove ai membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (USA, Russia, Cina, Francia e Regno Unito) si aggiunse la grande sconfitta della seconda guerra mondiale, la Germania appunto, oppure alle ripetute crisi scatenate dalla Russia di Putin. In particolare rispetto a queste ultime negli anni

Le ambizioni geopolitiche della Germania

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"La Crimea è persa definitivamente e Putin merita rispetto” quest’affermazione del viceammiraglio e capo della Marina tedesca Kay-Achim Schönbach ha complicato la posizione del governo tedesco rispetto al conflitto in Ucraina. La ministra della difesa Christine Lambrecht (SPD) ha subito chiesto le dimissioni del viceammiraglio che sono puntualmente arrivate. Eppure la questione aperta da Kay-Achim Schönbach resta attuale, in particolare in relazione al ruolo internazionale della Repubblica Federale. La Germania è da tempo alla ricerca di un profilo internazionale attivo e, nel caso specifico dell’Ucraina, di mediazione tra la Russia e gli Stati Uniti d’America. Nel dibattito politico tedesco il tema è controverso. Anche il Ministro-Presidente della Baviera, il cristiano-sociale Markus Söder, in una lunga intervista alla Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung, ha affermato non solo che le sanzioni alla Russia non possono essere l’unica soluzione ma che l’Occidente deve porsi defini

La Cdu riparte da Merz

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La terza volta è quella buona. Era dal 2018 che Friedrich Merz provava a prendersi la Presidenza dei cristiano-democratici tedeschi. La prima volta perse contro Annegret Kramp-Karrenbauer, la seconda contro Armin Laschet. Al terzo tentativo Merz è stato eletto Presidente della Cdu. La grande novità rispetto alle precedenti competizioni è che l’elezione si è svolta con il coinvolgimento diretto degli iscritti che per la prima volta nella storia della Cdu hanno potuto eleggere direttamente il Presidente. Oltre il 62 per cento ha scelto Merz, il 26 lo sfidante principale Norbert Röttgen, mentre il terzo incomodo Helge Braun si è fermato al 12 per cento. Il risultato dovrà comunque essere confermato dai delegati del partito nel congresso di gennaio. La vittoria di Merz rappresenta un’evidente discontinuità rispetto alle ultime presidenze della Cdu, tutte in qualche modo legate ad Angela Merkel. Merz, infatti, non è stato soltanto uno storico rivale della ex-cancelliera nella fase iniziale

Un gioco di equlibri

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Anche se il nuovo Governo tedesco non si è ancora ufficialmente insediato, la sua composizione è nota. Nei giorni scorsi i partiti della coalizione Semaforo hanno approvato il programma di governo: sabato i socialdemocratici, domenica i liberali e lunedì è prevista la conferma anche dai Verdi. Se i ministri scelti dai Verdi e dai liberali erano noti già da giorni, la vera novità sono le scelte fatte dall’alleato di maggioranza. La Spd ha reso noti i propri ministri e non sono mancate le sorprese.  Il governo di Olaf Scholz è un complicato equilibro non solo in termini programmatici (il contratto di governo) ma anche in termini di assegnazione dei posti. Non sono mancate difficoltà tra i partiti della coalizione ma anche all’interno dei partiti stessi. In particolare tra i Verdi e i socialdemocratici la scelta è stata particolarmente complicata. I socialdemocratici La SPD, oltre a indicare il cancelliere (Olaf Scholz), occuperà il Ministero degli Interni con Nancy Faeser, una sorpresa r

Sulla strada di Willy Brandt

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Il 28 ottobre del 1969 Willy Brand t, storico cancelliere socialdemocratico, in occasione del suo discorso di insediamento, affermò l’idea di “Osare più democrazia” ( Mehr Demokratie wagen ). Con la presentazione del contratto di coalizione della nuova maggioranza di governo, il richiamo a Brandt e al governo socialdemocratico (SPD) e liberale (FDP) non è stato esplicito ma comunque inevitabile. Il titolo del contratto di coalizione recita, infatti, “Osare più progresso. Alleanza per la libertà, la giustizia e la sostenibilità”. Così come nel 1969, la nuova maggioranza semaforo tra SPD, Verdi e FDP (la prima della storia tedesca) si presenta per rivendicare una certa discontinuità rispetto al recente passato, almeno su alcuni temi di politica interna. Il richiamo alla coalizione tra socialdemocratici e liberali degli anni Settanta è stato, tra l’altro, anche citato esplicitamente dal leader liberale Christian Lindner. Il contratto di coalizione Il testo del contratto di coalizione è lu

Semaforo Verde

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Semaforo verde. Almeno per ora. Il nuovo governo tedesco non è ancora nato, ma i tempi potrebbero essere più brevi di quanto si pensasse dopo i risultati del voto del 26 settembre scorso. Dopo una serie di incontri incrociati tra i partiti, i socialdemocratici tedeschi, i Verdi e i liberali hanno condiviso i primi risultati dei colloqui esplorativi con  un documento di dodici pagine  che rappresenter à  la base per le formali trattative che inizieranno la prossima settimana.

Un governo difficile

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L’uscita di scena di Angela Merkel, un pilastro della stabilità politica tedesca, ha consegnato alla Germania una situazione molto più complessa di quanto i sondaggi avevano descritto nelle settimane precedenti al voto. In sintesi: Nessun vincitore e governo difficilissimo.  I risultati elettorali risultano essere deludenti per tutti i partiti: l’Unione (24.5 per cento) ha perso l’8.5 per cento rispetto al 2017, i socialdemocratici (25.5) tornano a essere il primo partito (non accadeva dal 2002!) ma rispetto ai sondaggi pre-voto il distacco sull’Unione è ben al di sotto delle aspettative. I Verdi arrivano al 13.8 per cento, molto al di sotto delle previsioni degli ultimi mesi, i liberali (11,7 per cento) migliorano di un punto percentuale rispetto al 2017 ma perdono la corsa per il terzo posto con gli ambientalisti, l’AfD (10.9) peggiora il proprio risultato di quasi due punti percentuali rispetto al 2017. La sinistra (Die Linke) dimezza i voti scendendo dal 9.2 del 2017 al 5 per cento

Cosa lascia Angela Merkel

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Angela Merkel  governa dal novembre del 2005. Sedici anni, quattro elezioni vinte con risultati non sempre entusiasmanti, quattro governi di cui tre Grandi Coalizioni con i socialdemocratici e un governo con i liberali (FDP). Merkel ha superato Konrad Adenauer ed eguaglierà Helmut Kohl nella durata al governo. Rispetto agli interregni dei suoi predecessori, i sedici anni merkeliani acquisiscono un tratto di eccezionalità in quanto si situano storicamente in un’epoca in cui la politica (escluse la finte democrazia come Russia o Turchia) ha bruciato un numero impressionante di leader politici che sembravano destinanti a una carriera politica lunga ed edificante: Sarkozy, Hollande, Renzi, Letta, Berlusconi, Trump, Hillary Clinton, Tsipras e altri. Già la semplice capacità di resistenza politica della cancelliera Merkel indica chiaramente la straordinarietà di un caso storico che in futuro occuperà a lungo politologi, storici e giornalisti. Il lungo cancellierato di Angela Merkel è stato u

La solitudine della CDU

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  Mancano venticinque giorni alle  elezioni tedesche  e i sondaggi, per la Cdu, fanno tremare i polsi. L’Unione (Cdu/Csu) guidata da Armin Laschet è attestata intorno al 20 per cento. Nella storia della Repubblica Federale non è mai stato attribuito un risultato così basso alla Cdu. Negli ultimi due mesi, il trend al ribasso dell’Unione è molto evidente. Se a luglio veniva attestata, nella media mensile, al 28.1 per cento, nel mese di agosto la media è scesa al 23.3. Le ragioni di questa crisi post-merkeliana sono molteplici e risalgono al 2018, quando la cancelliera decise di lasciare la guida del partito. Da allora la Cdu ha cambiato due presidenti e non ha mai trovato l’unità che garantiva Merkel. Si tratta di una crisi che è anche fisiologica per un partito che governa da sedici anni e che è stato guidato per diciotto anni dalla stessa leader. La lotta alla successione, sia nella Cdu sia per il cancellierato, ha lasciato inevitabilmente ferite ancora aperte tra i diversi aspiranti

Come la Spd sta vincendo le elezioni in Germania

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Una tesi molto diffusa tra analisti e commentatori della politica tedesca è che la causa principale della crisi dei socialdemocratici degli ultimi quindici anni sia da attribuire alla persistente disponibilità del partito socialdemocratico a governare in una Grande Coalizione con l’Unione di Angela Merkel. In effetti, dal 2005 a oggi la   SPD   ha governato la Germania come alleato di minoranza dell’Unione (unica eccezione è stata la legislatura 2009-2013). Compresi i due governi di Gerhard Schröder, il partito socialdemocratico governa dal 1998, e pur avendo commesso qualche errore, ha contribuito in modo decisivo a modernizzare la Germania rendendola un paese economicamente molto forte e leader in Europa. Per i sedici anni dell’era-Merkel, i vertici della SPD hanno dato l’impressione quasi di vergognarsi di questo loro fondamentale contributo, nel timore che questa nuova Germania fosse incompatibile con i valori tradizionali della socialdemocrazia tedesca. Da qui le divisioni che han

La Germania a un mese dal voto

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A un mese dal voto politico tedesco, la successione ad Angela Merkel è sempre più incerta. Al processo di frammentazione del consenso politico, ormai in corso da qualche anno, e che potrebbe portare a maggioranze insolite per la storia politica della Repubblica Federale, si aggiungono una serie di questioni di cui il prossimo governo tedesco dovrà occuparsi e che riguardano sia la politica estera sia, ovviamente, l’economia nazionale.