Un governo difficile



L’uscita di scena di Angela Merkel, un pilastro della stabilità politica tedesca, ha consegnato alla Germania una situazione molto più complessa di quanto i sondaggi avevano descritto nelle settimane precedenti al voto. In sintesi: Nessun vincitore e governo difficilissimo. 

I risultati elettorali risultano essere deludenti per tutti i partiti: l’Unione (24.5 per cento) ha perso l’8.5 per cento rispetto al 2017, i socialdemocratici (25.5) tornano a essere il primo partito (non accadeva dal 2002!) ma rispetto ai sondaggi pre-voto il distacco sull’Unione è ben al di sotto delle aspettative. I Verdi arrivano al 13.8 per cento, molto al di sotto delle previsioni degli ultimi mesi, i liberali (11,7 per cento) migliorano di un punto percentuale rispetto al 2017 ma perdono la corsa per il terzo posto con gli ambientalisti, l’AfD (10.9) peggiora il proprio risultato di quasi due punti percentuali rispetto al 2017. La sinistra (Die Linke) dimezza i voti scendendo dal 9.2 del 2017 al 5 per cento di oggi, rischiando addirittura di non raggiungere la soglia di sopravvivenza per entrare nel Bundestag. 

Con questi rapporti di forza la formazione del governo appare un miraggio. Il testa a testa tra Unione e SPD non attribuisce né a Scholz né a Laschet un chiaro mandato per la formazione del governo. Se è vero che il socialdemocratico Olaf Scholz avrebbe diritto a formare il governo in quanto la SPD è comunque al primo posto, è altresì vero che le sue possibilità di avere successo si sono ridotte. Con questi dati, si può escludere l’opzione di un governo con Verdi e Linke su cui si è fantasticato fin troppo durante la campagna elettorale. Anche l’opzione di un governo Semaforo con liberali e Verdi non sarà facile. Già in campagna elettorale il leader della FDP Christian Lindner aveva considerato questo scenario come remoto e di difficile realizzazione. Qualunque trattativa in questo senso sarà lunga e non priva di tensioni.

Con il parziale recupero dell’Unione (CDU/CSU) degli ultimi giorni, Armin Laschet non è tagliato fuori dalle trattative. Sebbene il risultato sia indubbiamente molto deludente, Laschet può giocare la carta di una coalizione Giamaica con liberali e Verdi. Dalla sua avrà certamente la volontà di Lindner (FDP) di voler governare in questa costellazione, ma dovrà convincere i Verdi. Un’operazione che non sarà facile per almeno due motivi: resta ancora aperta la ferita delle trattative per un governo Giamaica fallite dalla Cancelleria Merkel nel 2017 ed, inoltre, con questi risultati estremamente deludenti per i Verdi ci sarà inevitabilmente un regolamento dei conti interno al partito.

Sullo sfondo resta sempre una Grande Coalizione, questa volta a guida socialdemocratica. Al momento, non la vuole nessuno, ma resterà l’uscita di sicurezza in caso di impossibilità di realizzazione di governi con maggioranze a tre partiti.

I tempi della formazione del nuovo governo saranno lunghi, con la conseguenza che la cancelliera Merkel resterà in carica ancora per diverse settimane. Che la costituzione del governo richieda qualche mese non è, di per sé, una novità, lo fu sia nel 2013 ma soprattutto anche nel 2017. La differenza rispetto al passato è la mancanza di punti di riferimento politico forti. In passato Merkel era il punto di stabilità, oggi aspetta di farsi definitivamente da parte.

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