Germania 2018, tante incognite e una sola certezza

Il 2018 della Germania è pieno di incognite politiche. Dopo oltre tre mesi dalle ultime elezioni il Paese è ancora senza un governo e soltanto il 12 gennaio si saprà se alle consultazioni tra cristiano democratici, cristiano sociali e socialdemocratici seguirà una vera e propria trattativa per la formazione del nuovo governo.
Ci sarà comunque l'ostacolo della votazione degli iscritti della Spd il 21 gennaio, nel caso di esito positivo si avrà il disco verde per la terza Große Koalition negli ultimi dodici anni. Una Grande Coalizione in versione minor in quanto avrà solo 45 seggi di maggioranza nel Bundestag - erano ben 89 nella scorsa legislatura.
Le incognite politiche restano tante a cui si aggiungono i malumori nei due partiti politici principali (Unione e Spd) che al loro interno sono divisi su molte tematiche e sulla stessa opportunità di dar vita a una nuova Große Koalition. Non sono mancate, tuttavia, dichiarazioni di apertura sui temi più divisivi tra Unione e Spd, per esempio la disponibilità a trattare dei cristiano sociali sul ricongiungimento famigliare per i rifugiati che è stato sospeso fino a marzo dall'attuale governo e che la Csu verrebbe continuare a lasciare sospeso mentre la Spd vorrebbe permetterlo.
Il voto del 24 settembre scorso ha già fatto saltare la prima testa: il leader bavarese della Csu Horst Seehofer. Pur ancora alla guida del partito, Seehofer lascerà la carica di ministro-presidente della Baviera a Markus Söder, rampante cinquantenne che avrà l'obiettivo di salvare i cristiano sociali bavaresi nelle prossime elezioni regionali del settembre 2018.
La stessa Merkel non è più così forte come un tempo e non passa giorno che la sua leadership non venga messa, direttamente o indirettamente, in discussione. I sondaggi sulla sua popolarità non sono più così confortanti, circa un tedesco su due vorrebbe le sue dimissioni prima della fine della legislatura prevista nel 2021.
Anche nell'Spd la leadership di Martin Schulz è tutt'altro che solida. L'ex presidente del Parlamento europeo è ancora al suo posto più per mancanza di alternative che per un ampio consenso interno al partito. Secondo un sondaggio Kantar Emnid commissionato dalla Westdeustche Allgemeine Zeitung (WAZ) Martin Schulz è il grande perdente del 2017 per il 67 per cento dei tedeschi, seguito da Horst Seehofer della Csu (61 per cento) e da Angela Merkel (53 per cento). I leader di Unione e Spd inizieranno le consultazioni ed eventuali trattative con un evidente deficit di consenso.
In questo quadro alquanto complesso e pieno di incognite per la Repubblica Federale, l'unica certezza è data dalla sua forza economica che non sembra scalfita dall'instabilità politica. Nel terzo trimestre dello scorso anno la Germania è crescita dello 0.8 per cento e si prevede che raggiungerà, complessivamente, circa il 2.3 per cento nel 2017.
Se il consiglio degli esperti del governo ritiene che per il 2018 la crescita sarà intorno al 2.2 per cento, l'Instituto IFO di Monaco ha corretto al rialzo le previsioni al 2.6 per cento. In ogni caso sarà la migliore crescita dal 2011 e la Germania entra così nel decimo anno consecutivo di crescita economica. Anche i dati sull'occupazione continuano a migliorare. Secondo l'Ufficio statistico federale in Germania ci sono 44.6 milioni di occupati, 650 000 in più rispetto ad un anno fa, l'1.5 per cento. I disoccupati sono così diminuiti a 2 milioni e trecento mila. La disoccupazione è stabile al 5.3 per cento, al minimo dal 1990, anno della riunificazione.
Cresce infine, anche l'inflazione che nel 2017 è stata al 1.7, era allo 0.5 nel 2016 e 0.3 nel 2015.
Questi dati dimostrano che in realtà la Repubblica Federale tedesca ha comunque un governo in carica per l'ordinaria amministrazione e il sistema economico è talmente solido da non richiedere particolari riforme strutturali e che può permettersi di attendere ancora qualche mese per la formazione del nuovo governo di Grande Coalizione o, eventualmente, anche di poter reggere un governo di minoranza dell'Unione o anche le elezioni anticipate.

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